Il titolo dell’articolo prende spunto, anzi quasi copia un libretto di A. Cencini del 2008, dove missionarietà fa riferimento soprattutto all’atteggiamento interiore di colui che è ‘vocato’ a seguire Gesù. I contenuti che esporrò sono più propriamente pastorali e arrivano da una libera lettura di un contributo di Mons. Luca Bressan, il ‘pastoralista’ di Milano (classe ’63). La Nuova Evangelizzazione o Evangelizzazione, come sembra preferire Papa Francesco (in Evangelii Gaudium Nuova Evangelizzazione ricorre 10 volte contro le 30 di Evangelizzazione), è nata con un piglio ‘oppositivo’. Si trattava di reagire di fronte ad una dilagante scristianizzazione o, se si vuole, ad un processo diffuso e pervasivo di secolarizzazione.Papa Benedetto XVI e con ulteriore vigore e creatività Papa Francesco la concepiscono in termini progettuali come la forma ecclesiae. L’Evangelizzazione è il paradigma della Chiesa, la sua ragion d’essere. Essa è generata dall’evangelizzazione ed esiste per evangelizzare. Tutto e tutti, financo gli orari e gli aspetti più ordinari e tradizionali, sono chiamati ad essere strumento di Evangelizzazione. Il volto ‘nuovo’ dell’Evangelizzazione così inteso è ricco e sfaccettato. Vediamo di coglierne due aspetti. Il primo è di ordine mistico. Si tratta di sentirsi chiamati ad un supplemento di santità, a custodire la relazione con Gesù, a stare alla scuola della sua Parola, a bere al pozzo del Vangelo. Diversamente la chiesa si trasformerebbe in un luogo freddo di trasmissione di dogmi e di regole, oppure in un cantiere pastorale dove a farla da padrone sarebbero le tecniche finendo per sfibrare gli operatori, i quali poi non convincerebbero nessuno. Il secondo aspetto è di tipo pratico. Essere ingaggiati come missionari significherebbe ‘buttarsi nella mischia’, anteporre la pratica alla grammatica, condividere concretamente la fede, essere operativi con coraggio e fantasia. Ci destabilizzano quasi le esortazioni del recente magistero: ‘Se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio… non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni per andare ad annunciarlo’ (cfr EG 120). Pare un ordine di scuderia avventato e inappropriato per un uomo di formazione gesuitica, portato allo studio e al governo sapiente. Una ripresa in chiave moderna di un principio spirituale espresso nel libro dell’Esodo: “Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto.” (Esodo 24,7) Prima il fare e poi l’ascoltare vanno intesi come la proposta di un ascolto obbediente, non solo teorico, vocazionale, immediatamente pronto alla missione. “A me proprio non interessa!”. Pietoso aver ascoltato recentemente da un giovane parroco di una grossa parrocchia del nord una battuta disfattista come questa. Eravamo ad un incontro diocesano, si era appena esposto un avvincente progetto di pastorale giovanile e sapevamo che nella parrocchia del reverendo gli operatori di pastorale giovanile non mancano e insistono nel non perdere tempo. Il Signore Gesù, primo missionario, ci liberi dalla tentazione di una pastorale che si ripete e si clona stancamente. Noi le dimissioni o dismissioni non vogliamo proprio darle!
Don Fabrizio
(tratto da ‘Collegamento Pastorale’ supplemento de ‘il Popolo’ del 05.06.2014 – Diocesi Concordia-Pordenone)