In cammino verso la 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani/1
Quale umanità sogniamo e attendiamo? Esiste un futuro che gli umani intendono costruire? I cattolici italiani come possono alimentare la fiducia e la speranza per una terra vivibile, solidale e fraterna? Sono alcune delle domande che guideranno i lavori della 49ª Settimana Sociale a Taranto, che avrà per titolo “Il pianeta che vogliamo”. Lo scenario complessivo – a pandemia ancora in corso – si presenta drammatico, polarizzato, estremamente impegnativo. Il fenomeno della globalizzazione paradossalmente, più che creare un villaggio globale, ha favorito i grossi poteri tecnocratico-finanziari. A tal proposito si rivada alla tesi di fondo dell’enciclica Laudato si’. Una concentrazione di potere e di denaro spaventosa si è rivelata una operazione disumana e cinica, infatti incrementa ingiustizie, violenze e scarti sociali, quasi dando vita ad una terza guerra mondiale in formato “spezzatino”.
La stessa lettera enciclica Fratelli tutti si apre con un capitolo impietoso, che evocativamente recita: «Le ombre di un mondo chiuso». Se da una parte la crisi climatica, il flagello del Covid-19, le immigrazioni… hanno provocato la percezione che tutto è connesso e che viaggiamo sulla stessa barca, dall’altra l’iperconnessione e lo strapotere dei mercati stanno rinfocolando vecchi nazionalismi aggressivi, individualismo becero e primitivo, insieme ad una sorta di divorzio tra l’io e il noi, tra la persona con la sua dignità e irripetibilità e la sua dimensione fraterna. L’umanità, più che casa comune e scuola di amicizia sociale, appare simile ad un aggregato di corpuscoli “gassosi”, fluttuanti e non integrati.Tuttavia, si presenta come un motivo di speranza il fatto che il vecchio mondo occidentale, i paesi emergenti, ma non esclusi quelli endemicamente svantaggiati, si stanno interrogando e concentrando sulla formula – che ci auguriamo non retorica – della transizione ecologica. Il magistero e i credenti – e tra essi l’Azione cattolica, e il Mlac in pool position – con umiltà e intelligenza possono e debbono inserirsi in questo scorcio epocale, stimolare il dibattito, offrire chiavi di lettura spirituale ed etica, condividere nel dialogo e nell’amicizia traiettorie di uscita.
L’espressione “conversione ecologica” coniata dal pensiero sociale pontificio, che fa riferimento alla teoria e al paradigma della “ecologia integrale”, si colloca su di un piano più ampio rispetto a buona parte delle elaborazioni culturali e politiche, con una strategia che rifugge da facili tatticismi e scelte di corto respiro. L’oikos, ovvero la casa globale che vi si immagina, è fatta innanzitutto dalla rete delle relazioni umane e dalla loro qualità, comprende i sistemi economici e politici, e certamente è costituita dall’ambiente che ci ospita e ci genera.A fronte di relazioni deteriorate e inquinate da egoismi, di un esercizio autoreferenziale della libertà, di una diffusa insensibilità per chi è debole, la Settimana Sociale proverà a disegnare stili, modelli e prassi relazionali alternative, di vicinanza, di giustizia… di cura. La virtù della cura domanda un andamento lento, non frettoloso; al contempo attiva lo sguardo, la vista esteriore ed interiore; è imparentata con l’empatia e la gentilezza. Trattasi di un atteggiamento virtuoso ed ecologico che va formato ed allenato senza improvvisazioni maldestre. La cura si identifica con l’attitudine di prendersi a cuore una relazione, un bisogno, un sogno. Ci viene spontaneo associarla alla presa di responsabilità per la propria interiorità, che altrimenti si trasforma in un deserto o in un groviglio spinoso. La si coltiva per facilitare le relazioni e costruire una cultura dell’incontro. Andrà vissuta per promuovere un’umanità inclusiva, dove i poveri riescano a tracciarsi percorsi di riscatto e di integrazione, e si oda finalmente il canto della festa.*Assistente ecclesiastico centrale dell’Ac per il Settore Adulti
La stessa lettera enciclica Fratelli tutti si apre con un capitolo impietoso, che evocativamente recita: «Le ombre di un mondo chiuso». Se da una parte la crisi climatica, il flagello del Covid-19, le immigrazioni… hanno provocato la percezione che tutto è connesso e che viaggiamo sulla stessa barca, dall’altra l’iperconnessione e lo strapotere dei mercati stanno rinfocolando vecchi nazionalismi aggressivi, individualismo becero e primitivo, insieme ad una sorta di divorzio tra l’io e il noi, tra la persona con la sua dignità e irripetibilità e la sua dimensione fraterna. L’umanità, più che casa comune e scuola di amicizia sociale, appare simile ad un aggregato di corpuscoli “gassosi”, fluttuanti e non integrati.Tuttavia, si presenta come un motivo di speranza il fatto che il vecchio mondo occidentale, i paesi emergenti, ma non esclusi quelli endemicamente svantaggiati, si stanno interrogando e concentrando sulla formula – che ci auguriamo non retorica – della transizione ecologica. Il magistero e i credenti – e tra essi l’Azione cattolica, e il Mlac in pool position – con umiltà e intelligenza possono e debbono inserirsi in questo scorcio epocale, stimolare il dibattito, offrire chiavi di lettura spirituale ed etica, condividere nel dialogo e nell’amicizia traiettorie di uscita.
L’espressione “conversione ecologica” coniata dal pensiero sociale pontificio, che fa riferimento alla teoria e al paradigma della “ecologia integrale”, si colloca su di un piano più ampio rispetto a buona parte delle elaborazioni culturali e politiche, con una strategia che rifugge da facili tatticismi e scelte di corto respiro. L’oikos, ovvero la casa globale che vi si immagina, è fatta innanzitutto dalla rete delle relazioni umane e dalla loro qualità, comprende i sistemi economici e politici, e certamente è costituita dall’ambiente che ci ospita e ci genera.A fronte di relazioni deteriorate e inquinate da egoismi, di un esercizio autoreferenziale della libertà, di una diffusa insensibilità per chi è debole, la Settimana Sociale proverà a disegnare stili, modelli e prassi relazionali alternative, di vicinanza, di giustizia… di cura. La virtù della cura domanda un andamento lento, non frettoloso; al contempo attiva lo sguardo, la vista esteriore ed interiore; è imparentata con l’empatia e la gentilezza. Trattasi di un atteggiamento virtuoso ed ecologico che va formato ed allenato senza improvvisazioni maldestre. La cura si identifica con l’attitudine di prendersi a cuore una relazione, un bisogno, un sogno. Ci viene spontaneo associarla alla presa di responsabilità per la propria interiorità, che altrimenti si trasforma in un deserto o in un groviglio spinoso. La si coltiva per facilitare le relazioni e costruire una cultura dell’incontro. Andrà vissuta per promuovere un’umanità inclusiva, dove i poveri riescano a tracciarsi percorsi di riscatto e di integrazione, e si oda finalmente il canto della festa.*Assistente ecclesiastico centrale dell’Ac per il Settore Adulti