Un amico impressionato dal numero di Chiese distribuite sul nostro territorio andava almanaccando anche sul numero, secondo lui infinito, di uscite processionali. Il numero non è infinito, ma considerevole e ciò che più conta è la buona qualità in genere delle nostre uscite religiose. La quantità degli imperdonabili chiacchieroni che vi partecipano troppo allegramente si va assottigliando.
Il silenzio, la compostezza, la preghiera e il canto ci inducono a pensare che le cose funzionano. Noi che vi partecipiamo da anni possiamo assicurare che sono esperienze belle, non solo scenicamente, ma per sostanza.
Esperienze che regalano consolazione e percezione viva della presenza del Signore che cammina con le sue creature. Lasciateci fare tuttavia un appunto critico, con la speranza che diventi uno spunto educativo per quanti non capiscono. Irrita vedere che al passaggio del Santissimo o della Vergine ci sia chi sbraitando ordina un chilo di formaggio, o chi si accende proprio in quel l’istante la famigerata sigaretta, o cosa nuovissima chi a un metro dal corteo si inventa una beata conversazione al cellulare. Non prendete queste osservazioni come una forma di galateo antiquato e antipatico o come un guardonismo all’incontrario (normalmente chi fa il guardone spia dall’esterno verso l’interno, mentre qui osserviamo dall’interno della nostra marcia verso l’esterno).
La nostra intenzione è di ordine culturale ed educativo. Siano convinti che una processione o una manifestazione religiosa, che potrebbe essere benissimo anche non cattolica, ovvero ortodossa, oppure musulmana o di ritualità orientale, possa essere considerata come del materiale culturale, espressione dell’anima di una comunità: possibile mai che non susciti se non interesse e rispetto, almeno un po’ si sana curiosità? Ecco il punto.
Ognuno è libero di reagire di fronte ad un evento religioso come meglio crede, può essere che per taluni, tali forme inneschino fastidio e irritazione, traditi da una eccessiva plateale indifferenza. Ma dov’è finita l’attenzione per l’altro, il gusto per ciò che rivela storia e umanità, l’ascolto dei frammenti di bellezza che escono da una comunità, la sensibilità per il mistero, il piacere di incontrare al vivo (cioè non al museo) un pezzo di cultura? Ovvio che ci sono segnali di segno opposto che fanno ben sperare, ma spiace notare chi non solo ha cuore ‘piatto’, ma anche testa ‘fredda’.
(Natale 2007 – dal Bollettino delle Parrocchie della Val Meduna)
La processione, secondo me, è una metafora del cammino della vita. Siamo tutti in cammino sulle orme di Gesù, Maria e vari Santi.
E’ questo il motivo per cui mi piacciono, ma c’è una cosa che non condivido. Non mi piace che vengano separati gli uomini dalle donne.
In un’epoca come quella che stiamo vivendo, in cui la famiglia è molto frammentata e divisa, mi piacerebbe che almeno in processione fosse unita.
Oltre al gruppo dei chierichetti e il coro, io metterei in evidenza ‘le famiglie’, che camminano unite alla sequela di Gesù e Maria.
Per quanto riguarda le distrazioni e le chiacchiere, confesso che a volte capita anche a me.
Durante la processione è facile incontrare delle persone che non si vedevano più da molto tempo, e quindi salutarle e chiedere come va, mi sembra una cosa inevitabile. Io credo che il Signore non si dispiaccia per questo, ma anzi risponda al suo spirito di comunione fraterna, che sempre dobbiamo tenere presente nel cammino della vita.