Domenica 8 aprile 2012
Letture: At 10, 34a. 37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9
Dal vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Mi piacciono un sacco i giorni che la liturgia ci offre nella settimana di Pasqua. Hanno addosso lo sbalordimento pieno che ci prende davanti alla morte, finalmente scardinata da un Cristo, che adesso se ne va libero e sciolto, dentro e fuori il cenacolo, avanti e indietro per le strade di Gerusalemme, con apostoli che ci capiscono meno di prima, con donne che corrono a svegliare chi non dovrebbe riuscire a dormire. Mi piace soprattutto l’incontro di Gesù con Maria di Magdala. Lei esperta nell’amore vissuto sulle strade, aveva trovato in Gesù un amore diverso, che la trasportava oltre ogni fisicità, dentro misteri che le toglievano il respiro. Era persino riuscita un giorno a ungere i capelli di Gesù, checché ne pensassero gli altri, di profumo preziosissimo. La gente scandalizzata si era appellata ai poveri del mondo, ma Gesù non l’aveva abbandonata: “ovunque si racconterà di me, ci si ricorderà anche di lei.” Proprio cosi aveva detto incollando al suo nome il nome di Maria. In un unico fiato. Questo coraggio d’amore l’ha portata a sperare oltre ogni confine, contro ogni paura di tenebre e di morte. Non importa che gliel’abbiano crocifisso: lei è là. Non importa che gliel’abbiano sepolto: lei è là. Non importa che sia notte: lei è là a forzare l’alba. Non importa che lui sia chiuso dietro una pietra inamovibile. Lei è là, con i suoi profumi di sempre, ancora. E lui? …Lui un mattino le si parà davanti, improvvisamente. La pietra guarda un po’ è rotolata via da sola, vedi la forza dell’amore! Lui, a guardarlo con occhi inzuppati di pianto sembra più un contadino o un giardiniere. “Perché piangi? Chi cerchi? – fa lui. “Hai rubato tu” – azzarda lei. “Maria” dice lui in un fiato. E Maria dentro lo stesso fiato “Rabbuni!” È bastata una parola e sulla sua parola lei lo riconosce… perché nel fiato di quella parola lui ha riconosciuto lei. È il miracolo puntuale della parola: ci fa riconoscere l’un l’altro perché lui nelle sue parole dice il nostro nome e noi nel nostro nome, pronunciato dalla sua Parola riconosciamo il suo volto. E Maria gli è di nuovo addosso: gli abbraccia i piedi… E Gesù “No Maria non mi trattenere. Devo ancora salire al Padre mio.” Maria finché abitiamo in questa nostra Gerusalemme di terra, non siamo ancora a casa: siamo ancora sulla strada… I nostri abbracci hanno il fiato corto di un momento e le volpi verranno sempre puntuali a devastare le nostre vigne. Ma, sappilo, anche questo è grazia perché ogni interruzione non fa che aumentare il desiderio di stare insieme per sempre, noi e Lui, nella risurrezione piena degli affetti e dei giuramenti. Nel per sempre di sempre: nell’eternità dell’amore.