Intervento sulla Pastorale Integrata-UP-Foranie
Consiglio Presbiterale
Seminario di Pordenone, 28 Febbraio 2013
a) Le mie considerazioni vanno ad integrazione dell’intervento organico e dettagliato del Vescovo sulle Unità Pastorali (UP) e sulle Foranie (vedi Bozza di Instrumentum Laboris che riesprime l’intervento stesso). Non intendono essere una forma di benedizione e di consacrazione della proposta dell’episcopo, la quale è già in sé condivisibile ed autorevole, ma una sorta di ripresa con alcune integrazioni. Sarà importante interloquire, discernere come presbiterio, evitare disfattismi e tiepidezze, investendo la nostra libertà e creatività.
b) La decisione del vescovo di por mano in termini energici al riassetto delle nostre articolazioni territoriali ed ecclesiali non è riducibile ad una uscita estemporanea, o ad un ‘tormentone pastorale’ condiviso dai vescovi italiani e poco attraente per i presbiteri italiani. E’ una scelta più che motivata, assolutamente ineludibile e che si colloca nella cornice di un percorso diocesano iniziato da tempo. Eccone i passi più recenti. Ricordiamo il contributo sulla Forania di Mons. Lorenzo Cozzarin al Consiglio Presbiterale del Marzo 2012. Egli evidenziava l’intelligenza e la reattività della Diocesi nell’ultima fase storica di fronte ai cambiamenti in atto. La Diocesi allora era riuscita a superare la tentazione dell’inerzia e dell’irrigidimento, riuscendo ad operare una serie di riforme. Sono ancora utili i criteri di lettura e di discernimento che vennero adottati: criterio territoriale-geografico, demografico, economico, culturale, politico, religioso. Richiamiamo inoltre l’analisi offerta da don Roberto Laurita. Egli proponeva di uscire dalla categoria classica del ‘praticante’, per interpretare ed inquadrare ciò che sta mutando, per adottare quella del ‘pellegrino’ libero e svincolato, che si delocalizza preferendo parrocchie e santuari altri rispetto a quelli del suo ambiente, che si muove smaliziato dentro ai ritmi degli itinerari catechistici, liturgici, pastorali offerti dalle nostre parrocchie per costruirsi un suo personalissimo ritmo ed itinerario. Accenniamo infine alle riflessioni di don Luca Bressan e di don Giampietro Ziviani offerte durante le settimane residenziali del clero dello scorso anno.
c) Si possono così tirare almeno un paio di conclusioni. I cambiamenti sono strutturali, veloci e permanenti. La contrazione del clero, il fenomeno dei battezzati lontani e ‘fai da te’, la presenza considerevole di immigrati, la fuga nella fase del post cresima… questi cambiamenti e nuovi scenari sono pastoralmente inaffrontabili gettandosi nella mischia in splendida solitudine o infilando la testa sotto la sabbia attendendo il passaggio della tormenta. Di qui la proposta di una decisa e ferma pastorale integrata. La seconda conclusione consiste nell’adozione e nell’attivazione convinta di Foranie ed UP come strumenti e forme di cooperazione in chiave missionaria a servizio delle parrocchie, che rimangono in ogni caso le protagoniste. Per la nostra Chiesa locale si tratta di una conclusione condivisa e che ci differenzia dalle strategie e dalle conclusioni di altre Chiese locali. Facciamo qui brevemente riferimento alla sperimentazione della Chiesa di Milano con le sue ‘Comunità Pastorali’, che stanno subendo una brusca frenata di ripensamento, e a quella della Chiesa di Parma. In sostanza si dà origine ad una sorta di super-parrocchia dotata di un unico Consiglio Pastorale e di un unico Consiglio Pastorale per gli Affari Economici. Una ‘piccola diocesi nella diocesi’ così come la definisce il gergo di alcuni preti milanesi, che tende a svuotare di protagonismo le singole parrocchie, riducendo di fatto i parroci a vicari parrocchiali alle dipendenze di un unico parroco (per questi presbiteri che improvvisamente si ritrovano ‘declassati’ si è inventato il neologismo di ‘sparroci’). Essa accumula responsabilità, incombenze e burocrazia nelle mani di pochi. Tutto ciò è stato messo in luce, assieme ad aspetti interessanti e positivi, da una recente tesi di laurea, non pubblicata, di don Paolo Ciotti, dal titolo ‘Dinamiche di innovazione della Chiesa di Milano’, della quale si trova una sintesi nel numero di settembre 2012 della Rivista del Clero Italiano. Le Unità Pastorali a mio avviso presentano un nodo critico sul quale riflettere e meritevole di approfondimenti. La struttura dell’UP con il suo moderatore, Equipe, Consiglio e progettazione pastorale forte, se teniamo presente il discernimento diocesano, vanno intesi come strumenti per la promozione della vivacità delle parrocchie. Ora, una gestione poco oculata di tale strumento potrebbe generare un conflitto tra singola parrocchia e UP, con conseguente cortocircuito aspro o indolore. E’ una ipotesi realistica che va tenuta sotto controllo per evitare che i due livelli si oppongano o si ignorino. Sarà l’intenso dialogo e il coinvolgimento convinto nel lavoro di rete che consentirà di evitare fastidiose opposizioni e di tessere relazioni pastorali dettate da uno spirito di comunione e vissute in un clima di armonia.
d) Esiste un ulteriore punto sensibile sul quale concentrare la riflessione. Ovvero chiarire obiettivi e criteri sui quali accordarci. Da quello che ho inteso, Forania e UP sono destinate ad essere innanzitutto forme di sinergia pastorale per la formazione e per la missione, più che istituzioni amministrative e organizzative, ovvero esse sono ‘operazioni’ pastorali di fraternità e di comunione. Detto diversamente, non si tratta di invenzioni razionali, ingegneristiche, logistico-manageriali, ma relazionali. Insistere, pur con tutta la professionalità e serietà da porre alla dimensione metodologica e tecnica, sulla organizzazione mette in ombra la verità e la bontà del progetto della pastorale integrata. Ne vien fuori solamente una immagine arida e ‘frigida’, che non riesce ad aver presa. L’insistenza opportuna va posta sulla dinamica relazionale e comunionale. E’ in fondo la forma di Chiesa amata e sognata dal Vat II, che può esercitare una attrazione ‘estetica’. Non v’è nulla di più bello della comunione. A tal proposito si legga il documento della Chiesa di Brescia sulle UP che dedica, quasi esagerando di proposito, tutta una serie di paragrafi alla comunione andando a scomodare addirittura la SS.Trinità. Sulla stessa lunghezza d’onda il documento della Chiesa di Treviso che arriva a ‘ridefinire’ le UP chiamandole ‘Collaborazioni Pastorali’.
e) Il Percorso. Mi si permetta una parola sul team che dovrebbe guidare il processo di costituzione delle UP. Lo immagino come una squadra che ha il compito di accompagnare, di facilitare, di monitorare il cammino in tutti i sui passaggi: fase di discernimento iniziale, fase di istituzione, fase di implementazione. Il tutto secondo un atteggiamento che non sia di controllo, ma di sostegno.
f) La corresponsabilità laicale. Essa andrà cercata ed esercitata fin da subito. Esiste già una buona letteratura in proposito a partire dal magistero per finire con la riflessione autorevole delle voci più significative del laicato italiano. Don Luca Bressan, il pastoralista di Milano, esorta con franchezza e ripetutamente a tenere a bada la tentazione di impostare la pastorale integrata in termini clericali, procedendo in modo ‘verticale’. Andranno coinvolti i Consigli Pastorali, gli operatori laici di base, le aggregazioni e le associazioni diocesane. La corresponsabilità laicale domanda una serie di conversioni. Ne individuo almeno due. Una conversione presbiterale al gusto del lavoro in squadra, alla scoperta paterna di carismi e risorse e all’invito altrettanto paterno alla corresponsabilità nella progettazione e nella gestione dei progetti. Se non ci muoviamo in questa direzione o i sacerdoti saranno intraprendenti (e al limite dell’infarto), ma tenderanno a bloccare gli spunti e l’iniziativa laicale, o si presenteranno sulla scena pastorale statici ed impotenti di fronte alle urgenze che spingono. Sarebbero auspicabili preti che sanno muoversi alacremente dietro le quinte, da registi e ‘padri’ saggi, abili nel promuovere a dare fiducia ai ‘figli’. Una conversione laicale. Sarà indispensabile avviare almeno un nucleo di laici ad una formazione di primo livello. Il Biennio per Coordinatori pastorali e le differenti proposte formative diocesane possono ottimamente rispondere alla nostra esigenza. Ci si doterà allora di ‘quadri’ medio-alti che, guidati per un servizio umile (occhio al clericalismo alla rovescia con contrapposizioni dal sapore sindacale), consentiranno di costruire il nuovo assetto di Chiesa con tutta la sua gamma di offerta nella cornice della nuova evangelizzazione.
g) Si profila un cantiere ed una avventura avvincente e appassionante. Credo che Dio sia all’opera già da tempo nonostante e dentro le stanchezze e le contraddizioni europee ed italiane, per sagomare una Chiesa estroversa e tonica. Ci viene chiesto di rispondere, di essere corresponsabili, imparando a muovere le nostre mani al ritmo delle Sue.
Condivido e confermo, per quello che ho sperimentato, che la figura del parroco deve essere come quella di un padre buono che vuole il meglio dal suo figlio ( questo é quello che sento dire da tutti i genitori che chiedono il battesimo). Questo atteggiamento non deve però diventare paternalismo, ma accompagnamento formativo basato sulla convinzione che tutti siamo pellegrini nella fede e che la posizione tra adulti é quella che fa procedere affiancati, magari a braccetto per sostenersi e raccontarsi per via.
La grande sfida diventa quella di utilizzare tutte le forme esistenti di pastorale, ingabbiate in ruoli e compiti, per allenare al discernimento comunitario tra pari le persone coinvolte perché : “Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto, parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano”(Ef 4,29), dove le parole buone siano frutto dell’ascolto fraterno.