“Freedom” di Zenos Frudakis
‘Chi avrà perduto la sua vita la troverà’. Gesù è alla conclusione del discorso missionario, uno dei cinque del Vangelo di Matteo. Le sue parole suonano controproducenti se non addirittura folli. Noi vi avremo piazzato un augurio incoraggiante. E invece no! E’ un Gesù paradossale e radicale, certamente dissonante rispetto alla sensibilità (o insensibilità, dipende dai punti di vista) della cultura odierna, che invita al successo con il minimo sforzo per la massima resa. Tocchiamo qui la “differenza” del Vangelo, che pretende di consegnare una parola di verità. Avete presente quegli adolescenti che amano postare sui social (vedi Facebook) la loro immagine mentre di fanno un selfie (autoritratto)? Sembra un selfie del selfie, il massimo del narcisismo quasi a preservare se stessi in un autoscatto che immortala per sempre il loro io, per tenere alla larga il pericolo di “perdersi”. Si potrà mai gustare la libertà del dono di sé? Lo stesso fenomeno si trova non raramente in pastorale. Il mondo cattolico non è esente dal virus dell’autopreservazione. Eppure siamo chiamati ad essere sale che si scioglie, che si ‘perde’ per conferire sapore; luce che si espone; chiesa che esce, anche rischiando di sporcarsi e di incidentarsi. Ho conosciuto un confratello, delicato d’animo e generoso. Fu invitato con forza dal suo vescovo a lasciare tutto per partite come missionario in America Latina. Niente da fare! I pianti isterici della madre ebbero la meglio… rispetto al Vangelo. Non poteva sprecare le sue doti e il suo vigore lontano da casa, in ambienti sconosciuti, tra i poveri e i puzzolenti, noti a nessuno tranne che a Dio. Eppure la gioia di amare, la pienezza del cuore, la vita vera sta proprio nel perdersi.