Più cammino e invecchio, più mi convinco che una delle categorie che più fortemente getta un’intuizione su chi sia Dio è la categoria della condivisione. Si! Dio è condivisione, sorgente e mondo di condivisione, il Padre della condivisione, il Figlio della condivisione, lo Spirito (l’Animatore) della condivisione. Qui risiede la ragione per cui Dio è luogo di vita e non luogo di morte. Qui sta il fatto che spiega la bellezza e la forza di Dio. C’è un canto a Cristo nel Nuovo Testamento, precisamente nella lettera che Paolo scrive alla comunità greca di Filippi, che recita: ‘Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio (letteralmente: non considerò una preda da non condividere la sua uguaglianza con Dio), ma spogliò se stesso, divenendo simile agli uomini’. Cristo, in altre parole, non stringe sotto i denti, come fosse una preda, la sua dignità, il suo essere Figlio, ma la condivide facendosi fratello, piccolo, uomo tra uomini. Questo in fondo è il Natale. Credo che la condivisione oltre ad essere una categoria interpretativa del cuore di Dio, sia anche una potente profezia, una provocazione salutare ed essenziale per l’uomo di oggi, che tendenzialmente pensa di essere bastevole a se stesso e per questo diventa presuntuoso, individualista e alla fine solo, incapace di con-dividere. Una delle tentazioni più intense del mondo occidentale è la tentazione del trattenere. Si tratta di una tentazione spessissimo inconscia, e per questo subdola e terribile, indolore, pervasiva, che come un cancro disgrega l’organismo che è la comunità degli uomini. Trattenere i soldi, il proprio tempo, le competenze, gli spazi abitativi, i beni, la terra, le risorse, la salute, le amicizie, gli affetti, addirittura la fede e infine la vita. Quando la vita non è più sentita come dono e dono da condividere allora l’abbiamo combinata grossa, drammaticamente grossa. Talvolta il non condividere nasce da un malinteso senso di umiltà: ‘Non dico la mia, non mi espongo perché non voglio fare il protagonista a tutti i costi (come invece fanno alcuni), perché voglio rispettare la libertà degli altri e non rompere troppo le scatole, perché magari li metto in ombra’. La paura e l’insicurezza giocano brutti scherzi, possono travestirsi di umiltà. E non manca chi ritiene di esser umile senza accorgersi di avere la puzza sotto il naso, della serie: ‘Io non mi metto in mostra come quelli là (perché io sono corretto e serio)’. Sic!
L’arrivo di don Massimo è stato ed è per me una provocazione incessante a decidere la condivisione: della preghiera, della tavola, dei progetti, del tempo, degli ambiti di lavoro, dell’ascolto, della fede. Il nuovo assetto delle Parrocchie della Val Meduna, gestite da due preti che coabitano a Meduno, domanda a tutte le comunità una conversione non scontata: la capacità di condividere i preti, le tradizioni, i progetti, il futuro. Forse sta proprio qui la bellezza del lavorare per il Regno, la gioia di prolungare il Natale del Signore, la Festa.
(Natale 2002 – dal Bollettino delle Parrocchie della Val Meduna)