One thought to “Accompagnare il fidanzamento come tempo di grazia”
Come madre mi sono interrogata spesso e a lungo su come educare i miei figli alla vita di coppia. Sono giunta alla conclusione che ci sono dei valori che non devono mai venir meno nel rapporto di coppia, sia che si tratti di fidanzamento, convivenza o matrimonio. Questi valori irrinunciabili secondo me, sono l’impegno, la buona volontà, l’umiltà e lo spirito di sacrificio.
L’amore è come il fuoco: per grande che sia, se non si alimenta muore. E per vivere, crescere e irrobustirsi ha bisogno di essere alimentato da quelle virtù.
C’è un proverbio veneto che dice:”Mangiato i confetti si vedono i difetti”. E’ un proverbio che nasce dalla saggezza popolare ed esprime una semplice verità. Se non siamo corredati di impegno, buona volontà e umiltà ad accettare l’altro così com’è, anche con i suoi difetti, il matrimonio rischia di naufragare sul nascere, come a volte purtroppo è già successo.
Ma quelle virtù sono necessarie anche per scoprire ed apprezzare nell’altro i suoi pregi.
Sono necessarie sempre, perché ogni giorno è un giorno nuovo e ogni giorno occorrono impegno, buona volontà e umiltà per comprendersi l’un l’altro, per perdonarsi, per rispettarsi, per rinunciare al proprio egoismo, per desiderare il bene dell’altro e della coppia, per ammettere i propri errori e i propri limiti. Nulla è automatico, nulla è scontato. Tutto nasce dalle virtù che portiamo nel cuore.
Lo spirito di sacrificio e la pazienza sono indispensabili per superare le difficoltà che inevitabilmente prima o poi si presentano: malattie, problemi economici, di lavoro, figli da crescere, ecc.
Fino a pochi anni fa la vita di coppia era divisa in due fasi: fidanzamento e matrimonio. Ora, molto spesso si divide in tre fasi: fidanzamento, convivenza e matrimonio. Sovente però la convivenza sostituisce il matrimonio. I motivi di questo cambiamento sono molteplici e diversi e si potrebbe parlarne a lungo. Quello che mi preme dire però è che, secondo me, se una coppia si sposa dopo aver convissuto e poi il matrimonio non dura, probabilmente è perché si era illusa che avendo superato il periodo di convivenza, l’impegno e la buona volontà non erano più necessari. Si erano convinti che il matrimonio potesse andare avanti per forza di inerzia, senza l’ausilio di alcuna virtù.
Mi è rimasta impressa nella mente una frase che ascoltai quando da ragazza, nel 1980, partecipai al corso per fidanzati. Diceva:”Il matrimonio è una croce. E’ una croce perché siamo diversi”. Questa frase mi è tornata in mente spesso durante il percorso del mio matrimonio, constatandone la veridicità. Ma ora aggiungo:”E meno male che siamo diversi…sai che noia sennò!”.
La diversità è uno stimolo per uscire da noi stessi e mettersi nei panni dell’altro per comprenderlo.
Il matrimonio è l’unione di due povere diversità che insieme diventano ricchezza.
Confesso che quando sento parlare di castità mi viene da sorridere.
La castità è indubbiamente una virtù, ma secondo me la chiesa le dà troppa importanza attribuendole il merito della riuscita o meno di un matrimonio. La sessualità è parte integrante nella vita di una coppia, ma piuttosto che puntare l’attenzione su ‘quando’ realizzarla (nel matrimonio secondo la chiesa) io la punterei su ‘come’ realizzarla.
Io la sessualità la trovo legata inscindibilmente alle parole responsabilità (verso la vita nascente) e fedeltà (al partner). Sono questi i valori che secondo me bisogna insegnare ai giovani fin dalla primissima adolescenza. Bisogna educarli a una sessualità responsabile che nasce dall’amore. Poi toccherà a loro decidere quando e con chi realizzarla. L’importante è che comprendano che non occorre avere fretta. C’è una frase che ripetevo spesso ai miei figli quand’erano adolescenti: “Ogni cosa a suo tempo e c’è un tempo per ogni cosa”.
La castità è sempre stata una virtù molto difficile da praticare. Mio padre, primogenito di otto figli, è stato concepito prima del matrimonio nel lontano 1917, nonostante il rigore etico e religioso di quegli anni. E non era l’unico ‘settimino’. Così giustificavano la nascita dei bambini nati prima di nove mesi dalla celebrazione del matrimonio.
Non credo che la sessualità realizzata con i principi della responsabilità e fedeltà da una coppia di fidanzati, sia peccato, pietra d’inciampo per la realizzazione del progetto d’amore che Dio ha su di loro. Ricordo molte mie coetanee e anche più vecchie di me che si sono sposate molto giovani e incinte. Sono passati 30-40 anni e il loro matrimonio è ancora unito e sono diventati anche nonni. Ho conosciuto solo un paio di coppie che mi hanno rivelato di essersi astenute dai rapporti sessuali prima del matrimonio, e una di queste, pochi mesi dopo le nozze era sul punto di separarsi. Sono tornati insieme grazie all’intervento del Giudice Conciliatore.
A questo punto mi chiedo se ci sia più virtù nel difendere e custodire la propria verginità come fosse un trofeo, o nel donarsi reciprocamente con generosità, amore e responsabilità.
Chissà, forse quando saremo di fronte al Giudice Supremo avremo delle sorprese.
Come madre mi sono interrogata spesso e a lungo su come educare i miei figli alla vita di coppia. Sono giunta alla conclusione che ci sono dei valori che non devono mai venir meno nel rapporto di coppia, sia che si tratti di fidanzamento, convivenza o matrimonio. Questi valori irrinunciabili secondo me, sono l’impegno, la buona volontà, l’umiltà e lo spirito di sacrificio.
L’amore è come il fuoco: per grande che sia, se non si alimenta muore. E per vivere, crescere e irrobustirsi ha bisogno di essere alimentato da quelle virtù.
C’è un proverbio veneto che dice:”Mangiato i confetti si vedono i difetti”. E’ un proverbio che nasce dalla saggezza popolare ed esprime una semplice verità. Se non siamo corredati di impegno, buona volontà e umiltà ad accettare l’altro così com’è, anche con i suoi difetti, il matrimonio rischia di naufragare sul nascere, come a volte purtroppo è già successo.
Ma quelle virtù sono necessarie anche per scoprire ed apprezzare nell’altro i suoi pregi.
Sono necessarie sempre, perché ogni giorno è un giorno nuovo e ogni giorno occorrono impegno, buona volontà e umiltà per comprendersi l’un l’altro, per perdonarsi, per rispettarsi, per rinunciare al proprio egoismo, per desiderare il bene dell’altro e della coppia, per ammettere i propri errori e i propri limiti. Nulla è automatico, nulla è scontato. Tutto nasce dalle virtù che portiamo nel cuore.
Lo spirito di sacrificio e la pazienza sono indispensabili per superare le difficoltà che inevitabilmente prima o poi si presentano: malattie, problemi economici, di lavoro, figli da crescere, ecc.
Fino a pochi anni fa la vita di coppia era divisa in due fasi: fidanzamento e matrimonio. Ora, molto spesso si divide in tre fasi: fidanzamento, convivenza e matrimonio. Sovente però la convivenza sostituisce il matrimonio. I motivi di questo cambiamento sono molteplici e diversi e si potrebbe parlarne a lungo. Quello che mi preme dire però è che, secondo me, se una coppia si sposa dopo aver convissuto e poi il matrimonio non dura, probabilmente è perché si era illusa che avendo superato il periodo di convivenza, l’impegno e la buona volontà non erano più necessari. Si erano convinti che il matrimonio potesse andare avanti per forza di inerzia, senza l’ausilio di alcuna virtù.
Mi è rimasta impressa nella mente una frase che ascoltai quando da ragazza, nel 1980, partecipai al corso per fidanzati. Diceva:”Il matrimonio è una croce. E’ una croce perché siamo diversi”. Questa frase mi è tornata in mente spesso durante il percorso del mio matrimonio, constatandone la veridicità. Ma ora aggiungo:”E meno male che siamo diversi…sai che noia sennò!”.
La diversità è uno stimolo per uscire da noi stessi e mettersi nei panni dell’altro per comprenderlo.
Il matrimonio è l’unione di due povere diversità che insieme diventano ricchezza.
Confesso che quando sento parlare di castità mi viene da sorridere.
La castità è indubbiamente una virtù, ma secondo me la chiesa le dà troppa importanza attribuendole il merito della riuscita o meno di un matrimonio. La sessualità è parte integrante nella vita di una coppia, ma piuttosto che puntare l’attenzione su ‘quando’ realizzarla (nel matrimonio secondo la chiesa) io la punterei su ‘come’ realizzarla.
Io la sessualità la trovo legata inscindibilmente alle parole responsabilità (verso la vita nascente) e fedeltà (al partner). Sono questi i valori che secondo me bisogna insegnare ai giovani fin dalla primissima adolescenza. Bisogna educarli a una sessualità responsabile che nasce dall’amore. Poi toccherà a loro decidere quando e con chi realizzarla. L’importante è che comprendano che non occorre avere fretta. C’è una frase che ripetevo spesso ai miei figli quand’erano adolescenti: “Ogni cosa a suo tempo e c’è un tempo per ogni cosa”.
La castità è sempre stata una virtù molto difficile da praticare. Mio padre, primogenito di otto figli, è stato concepito prima del matrimonio nel lontano 1917, nonostante il rigore etico e religioso di quegli anni. E non era l’unico ‘settimino’. Così giustificavano la nascita dei bambini nati prima di nove mesi dalla celebrazione del matrimonio.
Non credo che la sessualità realizzata con i principi della responsabilità e fedeltà da una coppia di fidanzati, sia peccato, pietra d’inciampo per la realizzazione del progetto d’amore che Dio ha su di loro. Ricordo molte mie coetanee e anche più vecchie di me che si sono sposate molto giovani e incinte. Sono passati 30-40 anni e il loro matrimonio è ancora unito e sono diventati anche nonni. Ho conosciuto solo un paio di coppie che mi hanno rivelato di essersi astenute dai rapporti sessuali prima del matrimonio, e una di queste, pochi mesi dopo le nozze era sul punto di separarsi. Sono tornati insieme grazie all’intervento del Giudice Conciliatore.
A questo punto mi chiedo se ci sia più virtù nel difendere e custodire la propria verginità come fosse un trofeo, o nel donarsi reciprocamente con generosità, amore e responsabilità.
Chissà, forse quando saremo di fronte al Giudice Supremo avremo delle sorprese.