One thought to “Israele-Palestina-Terra Santa. Ebrei, Mussulmani e Cristiani”
Ho ricevuto questa lettera da mio cugino +Giacinto B. Marcuzzo Vescovo cattolico di Nazareth e avevo piacere fosse letta in quanto ha espresso delle profonde e anche un po’ tristi considerazioni sulla pace in Terra Santa.
15 novembre 2012, cade il primo missile su Jaffa-Tel Aviv: ero là vicino.
Il giovedì 15 novembre 2012 farà ormai parte di quei giorni che rimarranno indelibilmente impressi nella mia memoria e per cui, in fondo, sono riconoscente al Signore. Per questo sento il bisogno di condivederne la notizia anche con parenti, amici, conoscenti e con la mia diocesi d’origine.
Alle ore 18, all’ambasciata francese di Jaffa-Tel Aviv, c’è un incontro interreligioso su “ Pace e religioni” con una delegazione di 19 Imam francesi in visita in Israele e Palestina. Il programma prevede una conferenza stampa, un momento di dialogo e un ricevimento ufficiale per autorità politiche, civili, culturali e religiose.
Alle ore 18.36, mentre la conferenza stampa volge al termine, improvvisamente una serie di sirene, con un crescendo e decrescendo lugubre, si fa sentire in tutta la città. C’è un minuto di silenzio, pesante e interminabile, durante il quale ci si domandava nel quadro degli scambi di tiri tra Israele e Gaza cominciati il giorno prima: E’ solo una prova? E’ possibile che raggiungano persino Tel Aviv? Andiamo al rifugio?
Alle 18:38 una forte esplosione si fa sentire, potentissima ma anche un pò ammortita e attuita, che comunque fa tremare terribilmente l’ambasciata e vibrare i vetri. Immaginiamo cosa poteva essere accaduto, e appena qualche minuto dopo, un funzionario dell’ambasciata ci comunica qualche dettaglio: un razzo, probabilmente un Fajr 5 iraniano, presumibilmente lanciato da Gaza (da 65 km.) era esploso sulla battigia a sud di Jaffa, praticamente ad appena 300 m. dall’ambasciata dove eravamo. La prossimità dell’esplosione è stata confermata più tardi, quando abbiamo trovate le nostre vetture coperte di molta sabbia e con ancora ciuffi di sabbia umida. Era dal 1991, cioè dalla guerra del Golfo e dagli Scud irakeni, che la regione centrale Gush Dan non era colpita da missili ed era in assoluto il primo razzo di Hamas su Tel Aviv.
Rimessi dallo shock generale, più o meno regolarmente il nostro incontro proseguì con alcuni brevi interventi ormai influenzati da ciò che era appena accaduto. L’ambasciatore francese, presentando quegli Imam, disse: ” Sono Imam che vogliono mostrare un altro volt dell’Islam. Un Islam che crede alla pace, che crede che persino tra Israele e Palestina ci possa essere una vera pace. Questi Imam sono profondamente attaccati alla loro religione e lealmente fedeli ai valori della Repubblica francese, e a una sana laicità positiva” .
Ma è il presidente della delagazione, l’Imam Hassen Shalgoumi, che pronunciò la parola più appropriata: “Abbiamo incontrato capi israeliani e palestinesi, e tutti parlano di pace. Abbiamo dialogato con i leader religiosi, ebrei, cristiani e musulmani, e tutti non desiderano altro che la pace. Proprio adesso la realtà stessa ha voluto prendere la parola per dirci: purtroppo la pace è ancora molto lontana. Volete la pace? Allora lavorate seriamente per la pace e preparate le sue basi inaggirabili e imprescendibili che sono la giustizia per tutti e la verità”.
Pensai spontaneamente alla Pacem in Terris, e pensai anche alla riunione annua del Consiglio dei Leader Religiosi d’Israele, avvenuta proprio nella stessa mattina del 15 nov. a Haifa. C’erano là rabbini ebrei, patriarchi e vescovi delle diverse denominazioni cristiane, sheikh musulmanii, druzi e bahaiti, attorno al presidente dello stato, Shimon Peres. Tutti parlarono di pace, coesistenza e convivenza religiosa, ma in modo piuttosto astratto, a partire dai principi, senza riferimento alle basi impegnative della vera pace e, soprattutto, alla realtà che era appena esplosa in conflitto nel Neguev e a Gaza. Solo il presidente Peres vi fece una breve allusione e il vescovo cattolico ne parlò chiaramente. E’stata una lezione molto eloquente.
Ritornando al missile di Jaffa-Tel Aviv, parenti e amici conoscono già alcune mie passate avventure nelle quali toccai con la mano la bontà del Signore e la protezione della Madonna, tra cui la più drammatica fù la sparatoria del 9 gennaio 2001 vicino a Zababdeh in piena Intifadha. Ma, adesso, non posso non ricordare l’episodio, tristemente curioso e simile a quello di Jaffa-Tel Aviv, che vissi il 13 luglio del 2006. Ugualmente verso le ore 18:30, i miliziani di Hezbollah tirarono, dal Libano meridionale, il primo razzo Katiusha su Haifa. Razzo che cadde sul versante del Monte Carmelo, appena sotto il santuario Stella Maris, e che scatenò quella che sarà chiamata la ‘guerra di luglio’ tra Israele e Hezbollah. In quello stesso momento mi trovavo al Consolato generale francese di Haifa per la festa nazionale anticipata del 14 luglio, ad appena 250 m. dal luogo dell’esplosione!
Dagli avvenimenti drammatici di questi giorni, e naturalmente da molti altri, ci sarebbero delle lezioni chiare che si potrebbero trarre. Senza prolungarmi su spiegazioni e analisi, ne traggo almeno una: E vero, ci sono dei problemi oggettivi che rendono la ricerca della pace in Terra Santa difficile, ma ci sarebbero anche serie proposte e vie di soluzione. Allora, perché non si arriva alla pace? La conclusione è ineludibile: c’è veramente chi non vuole la pace o ha interessi a non fare la pace o vuole imporre la ‘sua’ pace, nonostante i bei discorsi e le promesse.
Noi crediamo ancora alla preghiera. Pregate per me, per la pace in Terra Santa e per la nostra comunità. Abbiamo una parrocchia cattolica e scuole in piena Gaza, con sacerdoti e suore, che in questi giorni sono stati colpiti dai raid aerei. Non deploriamo vittime, grazie a Dio, ma molti danni alle strutture.
+Giacinto B. Marcuzzo.
Ho ricevuto questa lettera da mio cugino +Giacinto B. Marcuzzo Vescovo cattolico di Nazareth e avevo piacere fosse letta in quanto ha espresso delle profonde e anche un po’ tristi considerazioni sulla pace in Terra Santa.
15 novembre 2012, cade il primo missile su Jaffa-Tel Aviv: ero là vicino.
Il giovedì 15 novembre 2012 farà ormai parte di quei giorni che rimarranno indelibilmente impressi nella mia memoria e per cui, in fondo, sono riconoscente al Signore. Per questo sento il bisogno di condivederne la notizia anche con parenti, amici, conoscenti e con la mia diocesi d’origine.
Alle ore 18, all’ambasciata francese di Jaffa-Tel Aviv, c’è un incontro interreligioso su “ Pace e religioni” con una delegazione di 19 Imam francesi in visita in Israele e Palestina. Il programma prevede una conferenza stampa, un momento di dialogo e un ricevimento ufficiale per autorità politiche, civili, culturali e religiose.
Alle ore 18.36, mentre la conferenza stampa volge al termine, improvvisamente una serie di sirene, con un crescendo e decrescendo lugubre, si fa sentire in tutta la città. C’è un minuto di silenzio, pesante e interminabile, durante il quale ci si domandava nel quadro degli scambi di tiri tra Israele e Gaza cominciati il giorno prima: E’ solo una prova? E’ possibile che raggiungano persino Tel Aviv? Andiamo al rifugio?
Alle 18:38 una forte esplosione si fa sentire, potentissima ma anche un pò ammortita e attuita, che comunque fa tremare terribilmente l’ambasciata e vibrare i vetri. Immaginiamo cosa poteva essere accaduto, e appena qualche minuto dopo, un funzionario dell’ambasciata ci comunica qualche dettaglio: un razzo, probabilmente un Fajr 5 iraniano, presumibilmente lanciato da Gaza (da 65 km.) era esploso sulla battigia a sud di Jaffa, praticamente ad appena 300 m. dall’ambasciata dove eravamo. La prossimità dell’esplosione è stata confermata più tardi, quando abbiamo trovate le nostre vetture coperte di molta sabbia e con ancora ciuffi di sabbia umida. Era dal 1991, cioè dalla guerra del Golfo e dagli Scud irakeni, che la regione centrale Gush Dan non era colpita da missili ed era in assoluto il primo razzo di Hamas su Tel Aviv.
Rimessi dallo shock generale, più o meno regolarmente il nostro incontro proseguì con alcuni brevi interventi ormai influenzati da ciò che era appena accaduto. L’ambasciatore francese, presentando quegli Imam, disse: ” Sono Imam che vogliono mostrare un altro volt dell’Islam. Un Islam che crede alla pace, che crede che persino tra Israele e Palestina ci possa essere una vera pace. Questi Imam sono profondamente attaccati alla loro religione e lealmente fedeli ai valori della Repubblica francese, e a una sana laicità positiva” .
Ma è il presidente della delagazione, l’Imam Hassen Shalgoumi, che pronunciò la parola più appropriata: “Abbiamo incontrato capi israeliani e palestinesi, e tutti parlano di pace. Abbiamo dialogato con i leader religiosi, ebrei, cristiani e musulmani, e tutti non desiderano altro che la pace. Proprio adesso la realtà stessa ha voluto prendere la parola per dirci: purtroppo la pace è ancora molto lontana. Volete la pace? Allora lavorate seriamente per la pace e preparate le sue basi inaggirabili e imprescendibili che sono la giustizia per tutti e la verità”.
Pensai spontaneamente alla Pacem in Terris, e pensai anche alla riunione annua del Consiglio dei Leader Religiosi d’Israele, avvenuta proprio nella stessa mattina del 15 nov. a Haifa. C’erano là rabbini ebrei, patriarchi e vescovi delle diverse denominazioni cristiane, sheikh musulmanii, druzi e bahaiti, attorno al presidente dello stato, Shimon Peres. Tutti parlarono di pace, coesistenza e convivenza religiosa, ma in modo piuttosto astratto, a partire dai principi, senza riferimento alle basi impegnative della vera pace e, soprattutto, alla realtà che era appena esplosa in conflitto nel Neguev e a Gaza. Solo il presidente Peres vi fece una breve allusione e il vescovo cattolico ne parlò chiaramente. E’stata una lezione molto eloquente.
Ritornando al missile di Jaffa-Tel Aviv, parenti e amici conoscono già alcune mie passate avventure nelle quali toccai con la mano la bontà del Signore e la protezione della Madonna, tra cui la più drammatica fù la sparatoria del 9 gennaio 2001 vicino a Zababdeh in piena Intifadha. Ma, adesso, non posso non ricordare l’episodio, tristemente curioso e simile a quello di Jaffa-Tel Aviv, che vissi il 13 luglio del 2006. Ugualmente verso le ore 18:30, i miliziani di Hezbollah tirarono, dal Libano meridionale, il primo razzo Katiusha su Haifa. Razzo che cadde sul versante del Monte Carmelo, appena sotto il santuario Stella Maris, e che scatenò quella che sarà chiamata la ‘guerra di luglio’ tra Israele e Hezbollah. In quello stesso momento mi trovavo al Consolato generale francese di Haifa per la festa nazionale anticipata del 14 luglio, ad appena 250 m. dal luogo dell’esplosione!
Dagli avvenimenti drammatici di questi giorni, e naturalmente da molti altri, ci sarebbero delle lezioni chiare che si potrebbero trarre. Senza prolungarmi su spiegazioni e analisi, ne traggo almeno una: E vero, ci sono dei problemi oggettivi che rendono la ricerca della pace in Terra Santa difficile, ma ci sarebbero anche serie proposte e vie di soluzione. Allora, perché non si arriva alla pace? La conclusione è ineludibile: c’è veramente chi non vuole la pace o ha interessi a non fare la pace o vuole imporre la ‘sua’ pace, nonostante i bei discorsi e le promesse.
Noi crediamo ancora alla preghiera. Pregate per me, per la pace in Terra Santa e per la nostra comunità. Abbiamo una parrocchia cattolica e scuole in piena Gaza, con sacerdoti e suore, che in questi giorni sono stati colpiti dai raid aerei. Non deploriamo vittime, grazie a Dio, ma molti danni alle strutture.
+Giacinto B. Marcuzzo.