Domenica 17 giugno 2012
Letture: Ez 17,22-24; Sal 91; 2 Cor 5,6-10; Mc 4, 26-34
Dal vangelo secondo Marco.
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Ho fatto parte del gruppo delle majorettes dal 1974 al 1981. Ripensando a quegli anni, gli anni della mia giovinezza, mi riaffiorano alla mente molti ricordi, che si rincorrono e si accavallano come in un caleidoscopio. Eccone alcuni frammenti:
Le prime prove nel cortile di Luigino Diana o in qualche capannone, sotto la guida di Nico Lollo, con gli immancabili Bernardo o Luigino Zamuner col loro registratore e la presenza rassicurante di Gioconda;
I preparativi per i concerti;
L’emozione che sempre ci accompagnava prima e durante le esibizioni;
I sorrisi e gli applausi della gente che esprimevano simpatia e vicinanza.
In occasione di questo anniversario mi sono chiesta che cosa ha rappresentato per me quell’esperienza. A distanza di molti anni mi sono resa conto dell’importanza che ha avuto nella mia maturazione: mi ha accompagnato nella crescita stimolandomi ad assumermi impegni e responsabilità, con gioia, passione ed entusiasmo. Mi ha permesso di conoscere altre persone e di stringere nuove amicizie. Alcune sono continuate anche dopo e si sono consolidate col passare degli anni.
Ecco, io credo che lo scopo principale di appartenere ad un gruppo sia proprio questo: imparare a relazionarci con gli altri con spirito di amicizia e di fratellanza. In particolare appartenere alla banda o al gruppo Majorettes, significa anche diffondere la musica e la danza, arti il cui linguaggio è universale, compreso da tutti, indipendentemente dalla lingua parlata o dallo stato di provenienza. Significa quindi contribuire a costruire ponti fra diverse culture, favorendo l’integrazione.
Per concludere, non posso fare a meno di dire che sono orgogliosa di aver fatto parte di questo meraviglioso gruppo che ovunque vada porta gioia e allegria, e con profonda gratitudine esclamo:
W LA BANDA!
W LE MAJORETTES!
Brava Lucia!
Bella la tua testimonianza, così caramente espressa, nel ricordare quegli anni trascorsi insieme. Davvero ci voleva anche questa tua rievocazione per coronare gli anniversari di fondazione della banda musicale e delle majorettes festeggiati recentemente.
Ho sempre pensato anch’io, del resto, che il tempo impiegato per realizzare questi progetti di “cultura musicale popolare” fosse un tempo speso bene, che avrebbe lasciato buoni frutti per gli anni a venire in ciascuno di noi.
L’appartenenza a questa associazione richiedeva, allora, come credo anche adesso, puntualità, presenza costante alle prove , un certo garbo nei rapporti interpersonali per non creare fastidiose tensioni tra i vari componenti e comunque un modo di frequentarsi molto “impegnato”.
In questo fertile terreno, come hai ricordato, germogliano e crescono rapporti di amicizia solidi, cementati da valori condivisi, destinati a durare per sempre.
Grazie dunque a te, che sempre riesci a trovare occasioni e parole per esprimere tante belle emozioni dei nostri vissuti, e grazie anche a tutti i musicanti della banda e alle majorettes.
Gioconda