Il mio dispiacere è di non averLa conosciuto in tempo..a Lei un’AVE MARIA sempre
Oggi ho perso il treno e ho dovuto attendere quello successivo. E tutto questo per la fretta. Sono arrivato in stazione 7 minuta prima della partenza e visto che c’era tanta fila in biglietteria ho creduto di poter salire sul treno e ivi acquistare il biglietto, cosa che benissimo puoi fare in Italia. Ma ciò è impossibile a Toronto dove all’inizio della scala mobile che ti permette di accedere al binario si trova il controllore al quale non interessa che il treno parte a breve, ma delicatamente ti indica di tornare in biglietteria: acquistare il biglietto e poi risalire. Ovviamente a me mancava il tempo e quindi ho perso il treno. Questo mi ha fatto pensare come i canadesi cercano di fare le cose al momento giusto e con i tempi dovuti senza correre e poi rischiare di perdere. Anche nella vita della fede, ho pensato, molto spesso corro, ma poi succede che perdo. Quindi prudentia. Tanta attività e corsa non salva, Dio salva!
When Jesus saw the crowds he had compassion.
The same compassion that he has, we have today when we see the crowds running but without knowing in which direction. Even today we see the crowds who are looking for, but do not know what to look for.
Even today we see the crowds go from false idols, which create even more empty inside their emptiness. And all this happens because often there are not enough workers who can address the crowds in the right direction.
So we just have to accept the invitation of Jesus to pray the Lord of the harvest to send laborers into his harvest, because this humanity can rediscover the joy that comes from Him who is the Lord of joy and happiness.
Dear don Giovanni,
congratulations on your superb English! Within in a few months you have reached an unbelievable level on knowledge of the English language. I appreciated your spiritual reaction about mankind living in the megacities. Effectively we would need more missionaries not only abroad, but also nearer to our daily live. We come across every day tiered and depressed people looking for peace, for happiness, for personal fulfillment. Unfortunately, not many of them are aware of their inner dissatisfaction, or better they try to feed their hunger by bad alimentation. I think you can achieve very useful projects for the benefit of the Canadians. Have a good pastoral mission.
Stasera, tra i mille post che si scopiazzano su Facebook, ne ho trovato uno che mi piace tanto e dice : “Accade invariabilmente che il punto di partenza della saggezza sia la paura”. L’autore è Miguel de Unamuno, poeta, filosofo e scrittore spagnolo, nato nel 1864 e morto nel 1936.
Io penso che la paura sia spesso un sentimento che aiuta ad accrescere e a migliorare la nostra capacità di autocontrollo, di gestione di noi stessi e delle nostre emozioni. Ed è in questo senso, che attraverso la paura, si inizia il percorso che ci rende un po’ più saggi. La paura serve ad ognuno di noi per stare vigili, per misurarci con ciò che ci è sconosciuto, per conoscere e capire i nostri limiti. Superata la paura, o anche solo accettata, si è un po’ più forti, un po’ più maturi appunto…
Non capisco invece la paura di morire …
Morire non è vivere! Non è una situazione da vincere e superare, ma solo uno stato a cui abbandonarsi quando sarà il momento, quando sarà la nostra ora, con serena rassegnazione.
A che serve aver paura di morire, se non a rovinarci il ‘vivere’ ?
Ragionevolmente, quando ci si trova ad affrontare una prova che ci incute paura, (a volte si può raggiungere il panico) ci si prepara psicologicamente; si cerca di immaginare come andrà, supponendo di uscirne vincenti o anche solo illesi e comunque si sogna il finale positivo…E ciò aiuta. È un esercizio di difesa, atto a confortare e a rassicurare la nostra scarsa fiducia, atto a preparare la nostra mente ad accettare la lotta per vincere la paura.
Ma la morte non lascia spazio al sentimento di paura. Non c’è più lotta, non c’è più vita terrena che possa continuare, non c’è più margine di vittoria.
C’è, per chi crede, la gioia di venire accolti tra le Amorevoli Braccia di Dio.
Ero piccolina, 6 al massimo 7 anni, passavo i pomeriggi sotto il portico giocando con le bambole, accanto a me, nella panchina, mio nonno materno. Oramai vecchio nel fisico ma non di sicuro nello spirito ogni pomeriggio scambiava qualche parola con me poi d’improvviso l’uso della parola veniva “rubato” dai ricordi tristi della Guerra. Iniziava una nenia e senza rendersene conto tutti i giorni ripercorreva i fatti accaduti dal 8 settembre 43 al 22 dicembre del 45: la prigionia, il lavoro forzato, la vita da Internati Militari Italiani, il lavoro nelle linee ferroviarie lungo la linea Marginot sotto i bombardamenti, la perdita della dignità di uomo. Mio nonno non sapeva scrivere, sapeva fare solo la sua firma ma il suo compagno di prigionia Rodolfo, scrisse per lui le lettere indirizzate a mia nonna e trovò anche la forza di scrivere un diario per documentare l’atrocità di quello che stavano vivendo. A distanza di anni papà, fece delle ricerche, riuscì a recuperare il diario e decidemmo di pubblicarlo. Ero giovanissima e tenevo fra le mani quel quaderno dalla copertina nera oramai consumato. Avevo il compito di ricopiarlo e mano a mano che procedevo i miei occhi si gonfiavano di lacrime perché io quel diario già lo conoscevo erano le parole del nonno sotto il portico di casa … la sua mente non aveva dimenticato una sola virgola!
Primo Levi scriveva : “Per un reduce raccontare è il bisogno primario, liberatorio, chi l’ascolta è chiamato a far suo l’imperativo morale di non dimenticare”.
Quando mi sono addentrata nella lettura dei Vangeli ho dovuto fermarmi quasi subito … mi mancava un pezzo: LA STORIA.
Non l’avessi mai fatto. Ho trovato tanto di quel materiale che ho seriamente rischiato di perdermi … d’animo! Diciamo che ho cercato di fare in modo di darmi un’infarinatura generale partendo da una domanda: “Che cos’è il Vangelo?”. Dopo averla digitata su Google la mia attenzione è stata attirata dalla scritta “Chi è il Vangelo” e poi subito dopo “Il Vangelo non si legge ma si ascolta perché è Gesù che ci parla”… e quindi? Proseguo a leggere il trafiletto e … “Bisogna iniziare ad ascoltare il Vangelo dalla fine. Il punto di partenza è Gesù morto e risorto. La resurrezione è ciò che fa del Vangelo non lettera morta, ma l’incontro con un vivente”. Ottimo! E se Gesù non fosse mai risorto? Se l’annuncio su cui si basa la Chiesa non è la nascita ma la resurrezione verrebbe da citare lo spot pubblicitario di una nota bevanda alcolica con George Clooney modificandolo in: “No Resurrezione , No Chiesa!”.
Al di là della battutaccia i punti fondamentali sono:
1) Prima di tutto la storia non incomincia dal testo ma dalla vita. All’origine dei Vangeli c’è il vangelo vivo: Gesù e la prima comunità cristiana. C’è la buona notizia annunciata da Gesù e vissuta dagli apostoli;
2) Poi, alla morte di Gesù, c’era la necessità di annunciare la sua resurrezione. Gli apostoli guidati dallo Spirito Santo iniziano a mettere insieme i ricordi dell’esperienza vissuta con Gesù e a praticare quello che Lui aveva insegnato loro. Le prime comunità cristiane vivono gli insegnamenti di Gesù nella liturgia, nelle prime forme di catechesi … è il ricordo di Gesù ancora vivo;
3) Con il passare del tempo però c’era la necessità di fissare il ricordo, di dargli forma ed immagine prima che i testimoni oculari vengano meno. C’era la necessità di scrivere per edificare e rafforzare il pensiero delle comunità cristiane.
Ripensando al nonno … mi è venuta in mente questa buffa analogia:
Il nonno ha vissuto la Guerra sulla sua pelle come Gesù la sua vita, morte e risurrezione;
Io, piccina, ascoltavo i racconti del nonno come gli apostoli ascoltavano la Parola di Gesù,
e infine, come gli evangelisti abbiamo pubblicato la storia!
Il mio dispiacere è di non averLa conosciuto in tempo..a Lei un’AVE MARIA sempre
Oggi ho perso il treno e ho dovuto attendere quello successivo. E tutto questo per la fretta. Sono arrivato in stazione 7 minuta prima della partenza e visto che c’era tanta fila in biglietteria ho creduto di poter salire sul treno e ivi acquistare il biglietto, cosa che benissimo puoi fare in Italia. Ma ciò è impossibile a Toronto dove all’inizio della scala mobile che ti permette di accedere al binario si trova il controllore al quale non interessa che il treno parte a breve, ma delicatamente ti indica di tornare in biglietteria: acquistare il biglietto e poi risalire. Ovviamente a me mancava il tempo e quindi ho perso il treno. Questo mi ha fatto pensare come i canadesi cercano di fare le cose al momento giusto e con i tempi dovuti senza correre e poi rischiare di perdere. Anche nella vita della fede, ho pensato, molto spesso corro, ma poi succede che perdo. Quindi prudentia. Tanta attività e corsa non salva, Dio salva!
When Jesus saw the crowds he had compassion.
The same compassion that he has, we have today when we see the crowds running but without knowing in which direction. Even today we see the crowds who are looking for, but do not know what to look for.
Even today we see the crowds go from false idols, which create even more empty inside their emptiness. And all this happens because often there are not enough workers who can address the crowds in the right direction.
So we just have to accept the invitation of Jesus to pray the Lord of the harvest to send laborers into his harvest, because this humanity can rediscover the joy that comes from Him who is the Lord of joy and happiness.
Dear don Giovanni,
congratulations on your superb English! Within in a few months you have reached an unbelievable level on knowledge of the English language. I appreciated your spiritual reaction about mankind living in the megacities. Effectively we would need more missionaries not only abroad, but also nearer to our daily live. We come across every day tiered and depressed people looking for peace, for happiness, for personal fulfillment. Unfortunately, not many of them are aware of their inner dissatisfaction, or better they try to feed their hunger by bad alimentation. I think you can achieve very useful projects for the benefit of the Canadians. Have a good pastoral mission.
Stasera, tra i mille post che si scopiazzano su Facebook, ne ho trovato uno che mi piace tanto e dice : “Accade invariabilmente che il punto di partenza della saggezza sia la paura”. L’autore è Miguel de Unamuno, poeta, filosofo e scrittore spagnolo, nato nel 1864 e morto nel 1936.
Io penso che la paura sia spesso un sentimento che aiuta ad accrescere e a migliorare la nostra capacità di autocontrollo, di gestione di noi stessi e delle nostre emozioni. Ed è in questo senso, che attraverso la paura, si inizia il percorso che ci rende un po’ più saggi. La paura serve ad ognuno di noi per stare vigili, per misurarci con ciò che ci è sconosciuto, per conoscere e capire i nostri limiti. Superata la paura, o anche solo accettata, si è un po’ più forti, un po’ più maturi appunto…
Non capisco invece la paura di morire …
Morire non è vivere! Non è una situazione da vincere e superare, ma solo uno stato a cui abbandonarsi quando sarà il momento, quando sarà la nostra ora, con serena rassegnazione.
A che serve aver paura di morire, se non a rovinarci il ‘vivere’ ?
Ragionevolmente, quando ci si trova ad affrontare una prova che ci incute paura, (a volte si può raggiungere il panico) ci si prepara psicologicamente; si cerca di immaginare come andrà, supponendo di uscirne vincenti o anche solo illesi e comunque si sogna il finale positivo…E ciò aiuta. È un esercizio di difesa, atto a confortare e a rassicurare la nostra scarsa fiducia, atto a preparare la nostra mente ad accettare la lotta per vincere la paura.
Ma la morte non lascia spazio al sentimento di paura. Non c’è più lotta, non c’è più vita terrena che possa continuare, non c’è più margine di vittoria.
C’è, per chi crede, la gioia di venire accolti tra le Amorevoli Braccia di Dio.
Ero piccolina, 6 al massimo 7 anni, passavo i pomeriggi sotto il portico giocando con le bambole, accanto a me, nella panchina, mio nonno materno. Oramai vecchio nel fisico ma non di sicuro nello spirito ogni pomeriggio scambiava qualche parola con me poi d’improvviso l’uso della parola veniva “rubato” dai ricordi tristi della Guerra. Iniziava una nenia e senza rendersene conto tutti i giorni ripercorreva i fatti accaduti dal 8 settembre 43 al 22 dicembre del 45: la prigionia, il lavoro forzato, la vita da Internati Militari Italiani, il lavoro nelle linee ferroviarie lungo la linea Marginot sotto i bombardamenti, la perdita della dignità di uomo. Mio nonno non sapeva scrivere, sapeva fare solo la sua firma ma il suo compagno di prigionia Rodolfo, scrisse per lui le lettere indirizzate a mia nonna e trovò anche la forza di scrivere un diario per documentare l’atrocità di quello che stavano vivendo. A distanza di anni papà, fece delle ricerche, riuscì a recuperare il diario e decidemmo di pubblicarlo. Ero giovanissima e tenevo fra le mani quel quaderno dalla copertina nera oramai consumato. Avevo il compito di ricopiarlo e mano a mano che procedevo i miei occhi si gonfiavano di lacrime perché io quel diario già lo conoscevo erano le parole del nonno sotto il portico di casa … la sua mente non aveva dimenticato una sola virgola!
Primo Levi scriveva : “Per un reduce raccontare è il bisogno primario, liberatorio, chi l’ascolta è chiamato a far suo l’imperativo morale di non dimenticare”.
Quando mi sono addentrata nella lettura dei Vangeli ho dovuto fermarmi quasi subito … mi mancava un pezzo: LA STORIA.
Non l’avessi mai fatto. Ho trovato tanto di quel materiale che ho seriamente rischiato di perdermi … d’animo! Diciamo che ho cercato di fare in modo di darmi un’infarinatura generale partendo da una domanda: “Che cos’è il Vangelo?”. Dopo averla digitata su Google la mia attenzione è stata attirata dalla scritta “Chi è il Vangelo” e poi subito dopo “Il Vangelo non si legge ma si ascolta perché è Gesù che ci parla”… e quindi? Proseguo a leggere il trafiletto e … “Bisogna iniziare ad ascoltare il Vangelo dalla fine. Il punto di partenza è Gesù morto e risorto. La resurrezione è ciò che fa del Vangelo non lettera morta, ma l’incontro con un vivente”. Ottimo! E se Gesù non fosse mai risorto? Se l’annuncio su cui si basa la Chiesa non è la nascita ma la resurrezione verrebbe da citare lo spot pubblicitario di una nota bevanda alcolica con George Clooney modificandolo in: “No Resurrezione , No Chiesa!”.
Al di là della battutaccia i punti fondamentali sono:
1) Prima di tutto la storia non incomincia dal testo ma dalla vita. All’origine dei Vangeli c’è il vangelo vivo: Gesù e la prima comunità cristiana. C’è la buona notizia annunciata da Gesù e vissuta dagli apostoli;
2) Poi, alla morte di Gesù, c’era la necessità di annunciare la sua resurrezione. Gli apostoli guidati dallo Spirito Santo iniziano a mettere insieme i ricordi dell’esperienza vissuta con Gesù e a praticare quello che Lui aveva insegnato loro. Le prime comunità cristiane vivono gli insegnamenti di Gesù nella liturgia, nelle prime forme di catechesi … è il ricordo di Gesù ancora vivo;
3) Con il passare del tempo però c’era la necessità di fissare il ricordo, di dargli forma ed immagine prima che i testimoni oculari vengano meno. C’era la necessità di scrivere per edificare e rafforzare il pensiero delle comunità cristiane.
Ripensando al nonno … mi è venuta in mente questa buffa analogia:
Il nonno ha vissuto la Guerra sulla sua pelle come Gesù la sua vita, morte e risurrezione;
Io, piccina, ascoltavo i racconti del nonno come gli apostoli ascoltavano la Parola di Gesù,
e infine, come gli evangelisti abbiamo pubblicato la storia!