Aromi e miasmi peruviani

Ripropongo un articolo già apparso nel blog a novembre 2014 corredandolo delle foto del viaggio in Perù.

DSC_0967Metà mattina dello scorso Novembre. Siamo dieci di noi alla periferia estrema e più degradata di Lima. Ci accompagna Padre M. Un comboniano sulla sessantina, portoghese. Ci è stato segnalato da un confratello dello stesso istituto nostro amico. M. armeggia bene con l’italiano. Sembra goderne. Un ‘combi’ (pulmino), come viene chiamato da queste parti, ci scarrozza sulla collina sulla quale ora stiamo passeggiando. Non tutti se la sono sentita di salire a bordo del ‘mezzo pubblico’. Dalle nostre parti sarebbe consentito dalla legge e dalle regole dello spazio salirci al massimo in nove, oltre all’autista. Eravamo in ventidue. Il missionario divertito di fronte alle nostre facce incredule ci racconta che è normale, anzi può arrivare a caricarne altri di passeggeri. Mentre cerchiamo di sdrammatizzare, e uno di noi tiene chiusa ‘a mano’ una porta laterale, che aveva l’intenzione ad ogni sbalzo di aprirsi, iniziamo ad aspirare l’odore dei poveri. Gli occhi europei e raffinati non possono far a meno di notare con disgusto la tappezzeria lercia e sbrindellata. Appena scesi zampettiamo sulla sabbia. Nella zona da esplorare si trova un ampio e modesto capannone. La parrocchia lo ha fatto costruire per stare tra i più poveri. Qui prima dell’invasiones, come in tutta la periferia, si adagiavano e allungavano solo colline di nuda sabbia. Lima è posizionata sull’oceano pacifico e le correnti fredde del mare impediscono alla pioggia di cadere. Così sull’intera linea di costa del Paese sino a 100 e più km all’interno regna il deserto. M. ci racconta come è spuntato il quartiere. E’ una storia che si è ripetuta per tutti gli altri pezzi che compongono l’impressionante periferia. Ad iniziare dalla fine degli anni ’80 sino ai primi degli anni ‘90 sciami di famiglie sono scappate dalla foresta e dalla sierra per difendersi dalla violenza del terrorismo e dei narcotrafficanti. Arrivando, e viste le condizioni climatiche che lo consentivano, occupavano abusivamente un pezzo di terra. Bastava piantare quattro pali e stendere nelle semplici stuoie orizzontalmente e sulla sommità. Per anni presidiano la postazione e attendono con pazienza che il governo si decida a concedere la proprietà. Nel frattempo ci si organizza per sopravvivere, non essendoci acqua, né un minimo di sistema fognario e luce. Lima è costantemente sotto una inesorabile cappa grigia di nuvole e di nebbia. La sola pioggia che si conosce è la garùa quando l’umidità supera il 100%, una pioggia finissima che rimane sospesa nell’aria. Immaginatevi l’odore. Tutto il preambolo l’ho fatto per arrivare qui, all’intenso e disgustoso odore. Nulla può essere lavato e purificato, la sabbia è pullulante di malattie. Mi prende una sensazione profonda di tristezza. La percezione olfattiva richiama qualcosa come l’immondizia bruciata, miscelata a liquami stagnanti. La fantasia e la memoria mi riportano a quando bambino in campagna arrivava la stagione di ammazzare il pollame. Tutte le donne si industriavano per spennare le povere bestie, alle quali era stato tirato il collo, sbollentandole nell’acqua di grandi pentoloni in alluminio, che borbottavano sul fuoco di legna. All’inizio l’odore era accettabile, poi si traduceva in un lezzo insopportabile. Parla uno che è nato in campagna. Precisamente, eravamo in mezzadria. Gli escrementi degli animali noi bambini li avevamo sotto gli occhi tutto il santo giorno. Anzi, ci giocavamo. Non entro nei particolari perché creerei solo ripugnanza. Ma per noi allora andava bene così. L’odore della periferia di Lima supera la mia soglia di tolleranza del repellente. Eppure ne ho ‘annusate’ altre di periferie come quelle di Nairobi, dove a detta dei missionari brulicano i peggiori slam della terra, o quelle di Deli in India. Mentre Padre M. ci espone la vita dei poveri, le contraddizioni della capitale, e i progetti della parrocchia l’ammorbante fetore mi ‘penetra nel cervello’. “Che schifo!”: commento tra me. Tuttavia ascolto con molta attenzione. Quasi a conclusione del suo intervento, Padre M. abbassa la voce e ci confida, aspirando come si fa in alta montagna l’aria pulita e ricca di ossigeno: “Senti! Che meraviglia! Questo per me è vita, è ossigeno puro…”. Gli occhi gli si inumidiscono, e continua: “Se non fosse per i poveri avrei già perso la mia vocazione. Qui è una gioia, una festa per me!”. Arrossisco di vergogna. Comprendo sino in fondo, e solo ora, che significa ‘avere l’odore delle pecore’. La motivazione più forte che mi muoveva per visitare un paese latinoamericano era il desiderio di conoscere la realtà sociale ed ecclesiale. Finalmente, e commosso a mia volta, ero servito. Incredibilmente bello verificare come l’amore trasfigura anche gli odori. M. aspirava il ‘profumo di Cristo’ (2 Cor 2,15), il buon aroma del vangelo, la fragranza della sua vocazione.

 

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Misericordia a basso costo?

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Ritorno del figlio prodigo di ARCABAS
Cappella della Riconciliazione della Pèta in Costa Serina (BG)

 

 

 

 

 

 

 

Audio Omelia 24.04.2016

Quinta domenica di Pasqua – 24 aprile 2016

Letture At 14, 21-27; Sal 144; Ap 21, 1-5; Gv 13, 31-35

 

Dal Vangelo secondo Giovanni

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

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Ravenna – Pellegrinaggio catechisti UP di Chions

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Siamo rientrati da poche ore dal pellegrinaggio dei catechisti della nostra Unità Pastorale a Ravenna e la mia mente è affollata da immagini, volti, incontri ed emozioni vissute. Provo a fare un po’ d’ordine. Quando ero bambina avevo un piccolo e comunissimo portagioie a cassettini dove all’interno custodivo gelosamente i miei “tesori”. Ravenna è proprio come quel portagioie: ad un primo sguardo appare una cittadina qualunque ma quando apri uno dei cassetti o meglio appena varchi la soglia di uno dei suoi monumenti ti rendi conto che contiene tesori preziosi di rara bellezza non a caso riconosciuti patrimonio dell’Unesco. Non si può non rimanere rapiti dai tanti tasselli colorati e luminosi dei suoi mosaici e si potrebbero passare ore alla ricerca dei dettagli contemplando lo splendore di vere e proprie omelie che ‘parlano’ attraverso disegni e colori. Credo che mi porterò nel cuore a lungo l’immagine del Buon Pastore del mausoleo di Galla Placidia dove Gesù è rappresentato come un giovane Pastore seduto in mezzo alle sue pecore e con la mano destra accarezza il musetto di quella più vicina a Lui. La sua collocazione sopra la porta ha un chiaro significato escatologico: “In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7) e “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,9). La sensazione da credente è quella di fare un’esperienza totalizzante dei sensi. Non perdo una parola di Giovanni, la nostra meravigliosa guida, che come un bimbo mi conduce per mano dentro all’opera. Vi è equilibrio e il mio sguardo è rapito da come tutto parli di vita: la giovane età di Gesù, il giardino rigoglioso, le pecore … Riesco a gustare la dolcezza paterna di quella carezza donata alla pecorella più vicina a Lui. All’interno del piccolo mausoleo siamo in tanti ed è impossibile non sfiorarsi, toccarsi … incontrarsi. Le sei pecore attorno a Gesù guardano al Pastore e noi, tutti con il naso all’insù, stiamo facendo la stessa cosa. Noi siamo il prolungamento di quelle sei pecorelle raffigurate, siamo il resto del gregge in ascolto della Parola del Buon Pastore che con tenerezza conduce per mano lungo il sentiero della vita a volte semplice altre particolarmente difficile. Sta ricominciando a piovere e dalla porta entra il profumo della terra bagnata, respiro a fondo e riempio i polmoni del buon odore della terra umida feconda e generatrice di vita. Mentre esco dal mausoleo mi rendo conto che i miei sensi fisici sono diventati «porte dell’anima» capaci di farmi cogliere una realtà che va oltre lo splendido mosaico che ho sopra la mia testa. Porte capaci di aprire il mio cuore ad una nuova lettura della realtà che mi circonda illuminata dalla luce che s’irradia nel mistero della Pasqua, luce da Cristo verso l’umanità intera.

(Raffaella Rosset)

ITINERARIO DI VITA CRISTIANA …

LA FEDE ANNUNCIATA

Sant’Apollinare in Classe – Audio Commento

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Sant’Apollinare Nuovo – Audio Commento

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CRISTO VERO DIO E VERO UOMO

Battistero Neoniano – Audio Commento

 

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L’EUCARESTIA

Museo Arcivescovile – Audio Commento

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Basilica di San Vitale – Audio Commento

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LA VITA ETERNA

Mausoleo di Galla Placidia – Audio Commento

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Santa Maria Maggiore – Audio Commento

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untitledClicca sull’icona per visualizzare tutte le foto del pellegrinaggio

 

 

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Gli audio commenti ai monumenti e alle opere sono a cura della nostra guida : Giovanni Gardini

Giovanni Gardini ha conseguito il Baccellierato in Teologia e la Licenza in Teologia dell’Evangelizzazione presso lo Studio Teologico Accademico Bolognese. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Ravenna ha conseguito il Baccellierato e la Licenza in Archeologia cristiana presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana a Roma. Ha inoltre conseguito la Laurea Magistrale in Storia, tutela e conservazione delle opere d’arte presso la Facoltà di Beni Culturali di Bologna, sede di Ravenna. Ricopre l’incarico di Consulente per i Beni Culturali della Diocesi di Ravenna-Cervia. E’ giornalista pubblicista e guida turistica per la regione Emilia- Romagna. Maggiori info nel suo sito: https://giovannigardini.wordpress.com/

 

 

 

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GIUBILEO Diocesi Concordia-Pordenone

imageIl vangelo del giorno, ovvero la narrazione della moltiplicazione dei pani nella versione di Giovanni, mi aiuta ad interpretare il percorso sin qui compiuto. Gesù come nuovo Mosè sale sul monte per spezzare il pane della Parola e il pane della Misericordia. Il Giubileo lo abbiamo inteso, con il vescovo Giuseppe Pellegrini, come un ‘salire sul monte’, un convenire ecclesiale, un concentrarci spiritualmente per gustare la dolcezza e la forza della tenerezza divina e condividerla con gli affamati. Suggestive le Aperture delle Porte Sante nella Concattedrale di San Marco in Pordenone e nella Cattedrale di Concordia. A spingere la porta si sono unite, assieme alle mani del vescovo, a Pordenone quelle di un detenuto, di una ‘mamma ferita’ con il suo bambino, di un disabile e una donna anziana; a Concordia quelle di due famiglie. Altre Porte si sono aperte (Madonna del Monte, Madonna di Rosa a San Vito al Tagl., Madonna di Fatima a Portogruaro, Sesto al Reghena, e Valvasone) e si apriranno (Clauzetto, Claut e Bibione). Non sono mancate e non mancheranno liturgie giubilari per ambiti: famiglia, vita consacrata, lavoro, politica, disabilità, marginalità… Moltiplicazione quindi di porte, di mani, e storie per segnalare una abbondanza di misericordia diffusiva ed inclusiva, un accesso possibile al cuore del Padre. Il Comitato preparatorio si è impegnato per dare profondità teologica agli eventi celebrativi. La tentazione sempre in agguato è di scadere nel ritualismo devozionale, privo di anima e resistente ad una reale conversione. Si sono predisposti dei materiali liturgici e pastorali, testi e videointerviste, (tutti consultabili e scaricabili all’indirizzo http://www.pastoralepn.org). Attenta cura si è avuta per la riconciliazione sacramentale. Ad essere onesti, all’insistenza per una ripresa della buona pratica della confessione non si è registrato un cambio di marcia. La ‘soglia di percezione’ del peccato si è notevolmente alzata, con conseguente disaffezione al sacramento. L’uomo occidentale non avverte il bisogno di sentirsi giustificato, e rivendica al contrario il diritto di chiedere a Dio stesso di giustificarsi per tutte le sofferenze e le nefandezze dell’umanità. Certuni temono che l’elargizione di tanta grazia conduca dritti al lassismo o allo ‘sbracamento’ pastorale. La gravità e la velenosità del male non vengono ridotte o misconosciute. Avvicinarsi alla luce del bene metterà nelle condizioni ideali per discernere la tenebra e il peccato, provandone vergogna o repulsione. Alla fine ciò che a Dio preme è la nostra gioia, ed introdurci nella casa della festa. Si avvia così un itinerario di conversione per acquisire i gusti di Dio e per imparare i suoi sentimenti. In altre parole, alla scuola della Misericordia si apprende a fare ciò che è gradito al Signore. Le opere di misericordia sono componente essenziale, e non un corollario trascurabile o una proposta aggiuntiva per i più intraprendenti. La diocesi ha indicato quattro ‘opere segno’: sostegno alla nuova missione diocesana in Mozambico, accoglienza dei profughi, prossimità con i cristiani in Terra Santa, Comunità Oasi per il reinserimento degli ex detenuti. In merito all’appello ad attivarsi per accogliere i rifugiati, ad oggi ne sono ospitati trenta tra parrocchie e strutture diocesane. Nonostante un procedere a rilento, si è innescato un processo virtuoso che sta ‘aprendo porte’. Infine, si è deciso di rinnovare il Fondo di Solidarietà chiedendo ai sacerdoti di privarsi di una loro mensilità per i poveri. Si sono raccolti 50.000 € circa. La cifra andrà distribuita per i più svantaggiati, evitando l’assistenzialismo. Memori del detto ‘non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua desta’, è con un po’ di imbarazzo che riportiamo cifre e annotazioni puntuali. Lungi da noi rispondere piccati a quanti ci accusano di ipocrisia ed immobilismo. Sono segnali di speranza, tracce di risurrezione che appartengono ad una Chiesa ‘povera’, e che tuttavia si esperimenta perdonata e amata.

Don Fabrizio De Toni Vicario per la Pastorale

Pubblicato su Avvenire il 17.04.2016

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Il Bel Pastore

seguono la mia voce

 

 

 

 

Audio Omelia 17.04.2016

Quarta domenica di Pasqua – 17 aprile 2016

Letture At 13,14.43-52; Sal 99; Ap 7,9.14-17; Gv 10,27-30

 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.

Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.

Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

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‘Pesca’ pastorale

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Ritratto di Sakip Sabanci di Kutluğ Ataman. Opera esposta all’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia “All the words futures” (2015).

 

A fine articolo la breve spiegazione sul significato dell’ opera di Ataman.

 

 

 

Audio Omelia 10.04.2016

Terza domenica di Pasqua – 10 aprile 2016

Letture At 5,27-32.40-41; Sal 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

 

Ritratto di Sakip Sabanci di Kutluğ Ataman

untitled2L’opera è una installazione ovvero è costituita da elementi od oggetti disposti in uno spazio. Questo genere di opere hanno la potenzialità di farci fare un’esperienza multisensoriale ovvero, attraverso i miei sensi, io posso: vederla, ascoltarla, respirarla, gustarla…

Ataman ci propone un tappeto, una rete volante composta da 9216 piccoli schermi Lcd grandi quanto una fototessera con ritratti di volti che cambiano continuamente. Per poterla ammirare è necessario puntare lo sguardo al soffitto o meglio sarebbe distendersi a terra a pancia in su come farebbero i bambini.

L’artista vuole narrare le storie di piccoli uomini all’interno di un grande disegno e in particolare in questa opera racconta la storia di Sakip Sabanci attraverso più di 9000 fototessere. Quali di questi è Sabanci? Nessuno! Sabanci, morto nel 2014, era un ricco industriale e filantropo turco che si è adoperato per costruire scuole e centri di aiuto sociale in Turchia. I volti nelle fototessere appartengono alle persone che sono state aiutate grazie alla sua generosità e in fondo  tutti questi volti messi insieme sono il volto di Sabanci.

Potremmo immaginare i nostri volti, nessuno escluso, nelle fototessere di questa grande rete volante… i nostri volti a comporre il ritratto di Gesù e il ritratto d’amore che Dio ha impresso in noi.

 

 

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Amedeo Cencini: Bournout e vita pastorale

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Di recente è stata pubblicata in questo blog l’audio intervista a P. Amedeo Cencini sulla sindrome da burnout.  Grazie alla sua esperienza di formatore è stato possibile dare un nome e un volto al Bournout che purtroppo colpisce di frequente anche il settore della pastorale.

Padre Cencini ci ha stimolati a considerare la crisi una straordinaria occasione per mettersi in discussione e riportare la nostra attenzione alla motivazione centrale cuore pulsante della nostra identità e del servizio a cui siamo chiamati all’interno della parrocchia. Con il suo aiuto abbiamo compreso che quando siamo in bournout emergono inconsistenze e debolezze che nella normalità resterebbero latenti ed è proprio in questo momento che il vissuto, se trova in noi un discepolo attento a riconoscere un Dio che ama e quindi chiama, si trasforma in straordinaria occasione di crescita.

Cicerone in De  Oratore scriveva ‘historia… magistra vitae’ oggi Padre Cencini insegna che dalle nostre storie, dalle nostre crisi, si impara sempre e per sempre.

Nel canale youtube di don Fabrizio è possibile vedere un primo video ricavato dall’audio intervista pubblicata.

Scritto da Raffaella Rosset

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clicca sull’icona per visualizzare il video… buona visione!

 

 

 

 

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Rinascimento e sapori in Toscana … estate 2015

 

Poggio alloro veduta su San Gimignano copia

Fine agosto 2015, bagagli pronti da giorni. Con largo anticipo ci presentiamo davanti la Chiesa ansiosi di partire per quella che è ricordata ancora in famiglia come qualcosa di più di una semplice vacanza estiva. Il piazzale si anima di volti noti e meno noti. “Ma, hai dormito?” è la domanda di un amico che mi conosce talmente bene da riuscire a leggere nei miei occhi i segni di una notte insonne in preda ad un mix di emozioni altalenanti fra entusiasmo e ansia. Siamo l’unica coppia con figli e le domande si accavallano: “Ci integreremo nel gruppo?”, “I bambini reggeranno sette giorni dentro e fuori da musei e Chiese?”. Da genitori sappiamo che probabilmente dovremo rinunciare ad alcune tappe per non creare disagio al gruppo trovandoci magari a placare una crisi di pianto da stanchezza nel bel mezzo di una visita guidata. I bambini però ci stupiscono fin da subito con la loro innata curiosità e capacità di sapersi meravigliare partecipando a tutto e riuscendo, attraverso giochi improvvisati e tanta fantasia, a trasfigurare i momenti di noia che, inutile negare, ci sono stati. Ricordo la visita alla Galleria dell’Accademia di Firenze: sono le prime ore del pomeriggio e in piena digestione (ma quanto non è buona la cucina toscana!) ascoltiamo assonati, tutti quanti nessuno escluso, la guida. Davanti alla statua del David di Michelangelo la piccolina di casa è seduta nei miei piedi trasformati in un cuscino improvvisato. Più la guida cerca di coinvolgerla più cresce il mio imbarazzo nel constatare che è attratta più dai sandaletti colorati che dalla bellezza dell’opera davanti ai nostri occhi. Esco chiedendomi quanto poco deve esser rimasto nella sua testolina. La sera stessa, fra una coccola e l’altra, mi lascia senza parole: “Mamma oggi mi è piaciuto il bagno nella vasca dell’albergo e l’uomo con il sasso!”. Ero convinta che non lo avesse nemmeno guardato e invece era riuscita a cogliere l’essenza del David racchiusa in quel sasso che stringe nella mano.

I giorni sono passati velocissimi portandosi via tutte le mie preoccupazioni. Ci siamo integrati al gruppo fin dai primi istanti ed è stato come essere in una grande famiglia dove i bambini erano le mascotte attorniate da zii e nonni che con dolcezza li hanno accolti senza viziarli. Costantemente immersi fra natura e arte in più occasioni mi sono trovata ammutolita davanti alla bellezza di uno scorcio toscano, di un’opera d’arte o di un gesto. Ho cercato di ‘far scorta’ il più possibile di immagini, suoni, gusti e profumi assecondando più volte il mio desiderio di fermarmi per ascoltare: con le orecchie, con gli occhi, con la bocca, con il cuore. Mi sono tornate alla mente le parole del cardinal Martini nella sua ultima lettera pastorale che trovo più che mai attuale: “In questo mondo occidentale, caratterizzato da demotivazioni e stanchezze … che cosa ci può dare un colpo d’ala, un cambiamento di marcia, un orizzonte di gioia e speranza? LA BELLEZZA”. La bellezza che in un’opera d’arte sia esso un quadro o un paesaggio della natura ci fa andare oltre all’esteriorità facendo nascere dentro di noi sorpresa, meraviglia, attrazione, entusiasmo … gloria. Come non ricordare allora le parole di Benedetto XVI: Tutte le grandi opere d’arte sono una epifania di Dio e la prova di Dio è la bellezza.

Credo che indipendentemente dall’età, grandi e piccini, più che un bagno fra natura, sapori e arte toscana abbiamo fatto un bagno nella bellezza in senso ampio compresa la bellezza delle relazioni che ha visto rafforzare i vecchi legami e nascerne di nuovi destinati a crescere e durare nel tempo. Penso che potrei scrivere ancora per delle ore su questa vacanza ma rischierei una bulimia di parole! Meglio allora imparare dai più piccoli e dai loro gesti evangelici come quello di mio figlio che per esprimere la propria gioia l’ultima sera ha chiesto cortesemente ad una persona per lui speciale in questo viaggio di abbassarsi e portarsi alla sua altezza per poterlo abbracciare e sussurragli all’orecchio un ‘semplice grazie’ per questa stupenda vacanza… in fondo questo movimento di abbassarsi e alzarsi ricorda molto Dio che si abbassa e tramite il Figlio parla a tutti noi anche attraverso questi piccoli gesti.

Raffaella Rosset

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Clicca qui per visualizzare il video “Rinascimento e sapori in Toscana … in viaggio con don Fabrizio”

 

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Tommaso l’uomo della fisicità

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Nutrita d’amore
( Francesco Vanni)
Santa Caterina da Siena beve il sangue dal costato di Cristo

 

 

 

 

 

Audio Omelia 03.04.2016

Domenica della divina misericordia – 03 aprile 2016

Letture At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11.12-13.17-19; Gv 20, 19-31

Dal Vangelo secondo Giovanni La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

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