Andrea Riccardi. Periferie: crisi od opportunità per la Chiesa?


 

“Festival Internazionale della Creatività nel Management Pastorale” di seguito l’audio dell’intervento di Andrea Riccardi – Fondatore della comunità di Sant’Egidio.

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ANDREA RICCARDI. Ha insegnato, come professore ordinario, Storia Contemporanea all’Università di Bari, alla Sapienza e alla Terza Università degli Studi di Roma.

Collabora con numerosi periodici e quotidiani fra cui il Corriere della Sera.

Studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea, ma anche del fenomeno religioso nel suo complesso. Tra le sue pubblicazioni: Il secolo del martirio. I cristiani nel Novecento (Mondadori, Milano 2000-2009), Convivere (Laterza, Roma-Bari 2006), Il “Partito romano” (Morcelliana, Brescia 2007), L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma, (Laterza Roma-Bari 2008), Giovanni Paolo II. La biografia, (San Paolo, Cinisello Balsamo 2011), La sorpresa di papa Francesco, (Mondadori, Milano 2013), La strage dei cristiani – Mardin, gli armeni e la fine di un mondo (Laterza, Roma-Bari 2015), Periferie. Crisi e novità per la Chiesa (Jaca Book, Milano 2016).

Riccardi è noto anche per essere stato il Fondatore, nel 1968, della Comunità di Sant’Egidio. Sant’Egidio oltre che per l’impegno sociale e i numerosi progetti di sviluppo nel Sud del mondo, è conosciuta per il suo lavoro a favore della pace e del dialogo. In particolare, Riccardi ha avuto un ruolo di mediazione in diversi conflitti e ha contribuito al raggiungimento della pace in alcuni Paesi, tra cui il Mozambico, il Guatemala, la Costa d’Avorio, la Guinea. La rivista “Time” nel 2003 lo ha inserito nell’elenco dei  trentasei “eroi moderni” d’Europa, che si sono distinti per il proprio coraggio professionale e impegno umanitario. Il 21 maggio 2009 è stato insignito del Premio Carlo Magno, che viene attribuito a persone e istituzioni che si sono particolarmente distinte nella promozione di una Europa unita e nella diffusione di una cultura di pace e di dialogo. Si legge nella motivazione:  “Per onorare un esempio straordinario di impegno civile in favore di un’Europa più umana e solidale all’interno e all’esterno delle sue frontiere”.

Il 22 marzo 2015 è stato eletto Presidente della Società Dante Alighieri.

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Quali grandi sfide per i cristiani di oggi e di domani?

“Festival Internazionale della Creatività nel Management Pastorale di seguito l’audio dell’intervento di Padre Antonio Spadaro – Direttore de La Civiltà Cattolica.

Ascolta l’audio: “Quali grandi sfide per i cristiani di oggi e di domani?

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Antonio Spadaro, nato a Messina (Italia) nel 1966, è gesuita e, dal 2011, direttore della rivista La Civiltà Cattolica per la quale ha pubblicato circa 200 saggi. Ha collaborato anche con altre riviste italiane e straniere. Ha conseguito la Laurea in Filosofia presso l’Università di Messina nel 1988 e nel 2000 il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, dove ha insegnato come professore invitato presso la Facoltà di Teologia e il Centro interdisciplinare di Comunicazione Sociale (CiCS). Dal 2004 al 2009 è stato Delegato per le attività culturali e intellettuali dei gesuiti italiani. Dal 2011 è Consultore del Pontificio Consiglio della Cultura e lo è stato del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali fino alla sua chiusura. Ha fatto poi parte del Vatican Media Committee. È consulente ecclesiastico dell’Unione librai ed editori cattolici italiani (Uelci). Ha pubblicato numerosi volumi di critica letteraria e di teologia in dialogo con la cultura contemporanea, soprattutto quella digitale. Ha pubblicato come autore circa 30 volumi tra i quali La grazia della parola. Karl Rahner e la poesia (Milano 2006), Abitare nella possibilità. L’esperienza della letteratura, (ivi 2008), Svolta di respiro. Spiritualità della vita contemporanea (ivi 2010), Nelle vene d’America. Da Walt Whitman a Jack Kerouac (ivi 2013), Cyberteologia. Pensare il cristianesimo al tempo della rete (ivi 2012) tradotto in 8 lingue. È autore del primo libro di conversazione con Papa Francesco: La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro (ivi 2013) che ha avuto diffusione internazionale. Ha poi curato l’edizione di una intervista del Papa con i bambini del mondo (L’amore prima del mondo, ivi 2015). Ha inoltre curato l’edizione italiana delle Omelie di Santa Marta, dei documenti pontifici principali (Evangelii Gaudium e Laudato si’, Amoris Laetitia), dei testi dei due Sinodi sulla famiglia, ai quali ha partecipato come membro di nomina pontificia. Ha inoltre raccolto e curato tutti i discorsi e i messaggi di J. M. Bergoglio da gesuita (Nel cuore di ogni padre, Milano, 2014) e al tempo in cui era arcivescovo di Buenos Aires (Nei tuoi occhi è la mia parola, ivi 2016).

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Prolusione Festival Internazionale della Creatività Nel Management Pastorale

Una parola che mi piace tanto: è una parola divina, se è umana è perché è un dono di Dio: creatività.
E’ il comandamento che Dio ha dato ad Adamo: “Va e fa crescere la Terra. Sii creativo”.
È anche il comandamento che Gesù ha dato ai suoi, mediante lo Spirito Santo.
Papa Francesco, 26 luglio 2014, Caserta

 

 

Dal 23 al 25 marzo scorso si è tenuto a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, il “Festival Internazionale della Creatività nel Management Pastorale”. Una tre giorni che ha visto incontrarsi comunità ecclesiali, ricercatori, aggregazioni laicali e realtà imprenditoriali. Grazie all’ascolto di buone prassi e al confronto sulle stesse si è cercato un pensiero coerente per ispirarne di nuove in obbedienza al Vangelo e nell’ottica della co-ispirazione, della co-responsabilizzazione, e della co-creazione.

Il prossimo Festival si terrà negli Stati Uniti (Philadelphia, Università di Villanova) nel 2018.

 

 

Di seguito l’audio dell’intervento di Mons. Franco Giulio Brambilla Vescovo della Diocesi di Novara – Vicepresidente della CEI.

Ascolta l’audio: “Quale agenda per il cammino della Chiesa?

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FRANCO GIULIO BRAMBILLA, è nato a Missaglia (Lc) nel 1949. Ordinato sacerdote nel 1975, ha perfezionato i suoi studi alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, prima ottenendo la Licenza (1977) e poi conseguendo nel 1985 la Laurea con un lavoro su La cristologia di Schillebeeckx. Dal 2007 è stato Vescovo ausiliare di Milano e Vicario per la cultura della stessa Diocesi.

Il 24 novembre 2011 è nominato Vescovo di Novara e ha fatto l’ingresso in Diocesi il 5 febbraio 2012. È stato membro della Commissione episcopale per la Dottrina della fede e la Catechesi della CEI (fino al 2015) e Presidente del Comitato per gli Studi superiori di teologia e Scienze religiose (fino al 2014).

Nel 2015 è eletto Vicepresidente della CEI per il Nord e nominato tra i membri del Sinodo ordinario sulla Famiglia dell’ottobre 2015.

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Quale riforma della comunicazione della Chiesa?

 

“Festival Internazionale della Creatività nel Management Pastorale”.  Di seguito l’audio dell’intervento di Mons. Edoardo Viganò – Prefetto per la Segreteria della Comunicazione del Vaticano.

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Dario Edoardo Viganò (27 giugno 1962, Rio de Janeiro) è Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede dal 27 giugno 2015. È stato Direttore del Centro Televisivo Vaticano – CTV dal 22 gennaio 2013 al 21 dicembre 2015.
Professore ordinario di Teologia della comunicazione presso la Pontificia Università Lateranense, è stato Preside dell’Istituto pastorale “Redemptor Hominis” dal 2006 al 2012 e Direttore del Centro Lateranense Alti Studi – CLAS. Dirige con Emilio Carelli il Master in “Digital Journalism”, organizzato dal CLAS – Pontificia Università Lateranense (dal 2013).
Docente di Linguaggi e mercati dell’audiovisivo presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’università LUISS “Guido Carli” di Roma (dal 2005 al 2015), è membro del Comitato direttivo del Centro di ricerca Centre for Media and Communication Studies (CMCS) “Massimo Baldini” (oggi Centre for Media and Democratic Innovations “Massimo Baldini”).
Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo – FEdS e Direttore della «Rivista del Cinematografo» dal 2004 al 2013, negli stessi anni è inoltre Presidente della Commissione Nazionale Valutazione Film della Conferenza Episcopale Italiana – CEI. Dal 2013 è membro del Consiglio di Amministrazione FEdS con delega all’Editoria.
Consigliere di Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia – CSC dal 2008 al 2012, con delega alla Cineteca Nazionale e all’Editoria, è stato anche Membro della Sottocommissione per il Riconoscimento dell’Interesse Culturale (sezione Lungometraggio) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dal 2006 al 2011.
Socio Corrispondente dal 2010 della Pontificia Academia Theologica, è autore di numerosi studi dedicati all’analisi del rapporto tra i media e il mondo cattolico, con particolare attenzione al cinema.

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Zombie

 

 

 

 

 

 

Audio Omelia 02.04.2017

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V Domenica di Quaresima

 

Letture Ez 37,12-14; Sal 129; Rm 8,8-11; Gv 11, 1-45

Dal Vangelo secondo Giovanni

 

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

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Gesù uomo sensibile

Commento al Vangelo della V domenica di Quaresima

Gesù è un uomo molto sensibile. Non è affatto un pezzo di ghiaccio o un tipo granitico, privo di variazioni d’umore. Tutto questo è verificabile e contemplabile nel racconto della risurrezione di Lazzaro. Egli infatti si commuove profondamente per la morte dell’amico e scoppia in pianto, unendosi ai lamenti funebri orientali piuttosto enfatizzati. Sensibilità umanissima la sua, che rivela nel contempo la sensibilità di Dio. La commozione di cui si parla contiene un gemito intenso, tristezza, collera per una malattia che non ha pietà, indignazione per ciò che umilia l’uomo e gli toglie la vita. E’ proprio vero: come afferma l’evangelo di Giovanni ‘Gesù amava Lazzaro’. Sensibile e dai sensi allenati ed attivi. Gesù vuole ‘andare’ a vedere di persona (vista); ascolta le invocazioni delle sorelle del defunto e il pianto dei conoscenti (udito); assapora l’amarezza del lutto (gusto); tocca con mano gli esiti della morte (tatto); vuole che si apra la tomba incurante del cattivo odore (olfatto). I sensi sono potentissime vie che ci consentono di coinvolgerci, di condividere, di sperimentare. Papa Francesco direbbe che il senso che Dio esercita in sommo grado e frequenta di più è quello del tatto. Come Lazzaro siamo e saremo toccati dalla Sua misericordia. Grande è la nostra speranza!

Don Fabrizio

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Essere Chiesa in uscita per incontrare, valorizzare ed aiutare le famiglie

Essere Chiesa in uscita per incontrare, valorizzare ed aiutare le famiglie” è stato il tema che Don Andrea Ciucci, segretario della Pontificia Accademia per la vita, ha affrontato durante il Consiglio Pastorale Diocesano (CPD) di venerdì 31 marzo scorso.

Don Andrea vanta una notevole esperienza di pastorale famigliare. Il suo intervento ha evidenziato alcuni potenziali obiettivi da proporre alle comunità cristiane per il prossimo anno pastorale.

 

Ascolta l’audio dell’intervento di Don Andrea Ciucci

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Illuminazione

 

 

 

 

 

 

Omelia 26.03.2017

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IV Domenica di Quaresima

 

Letture 1Sam 16, 1.4.6-7.10-13; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41

 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Parola del Signore.

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Quale pozzo?

 

 

 

 

 

 

Audio Omelia 19.03.2017

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III Domenica di Quaresima

 

Letture Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5, 1- 2.5-8; Gv 4, 5-42

Dal Vangelo secondo Giovanni

 

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

 

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Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna

 

Con la samaritana Gesù interpreta un ruolo di provocazione. Contravviene alle regole sociali e religiose. Interagisce liberamente e serenamente con una donna in perfetta solitudine. Essa è inoltre samaritana, appunto, ovvero eretica e bastarda. Gesù ‘contesta’ l’acqua stagnante e puzzolente del pozzo, ne propone una zampillante, fluente, quasi a formare un mare… di eternità nel quale tuffarsi. Egli rompe con la banalità e la superficialità. Mi permetto di condividere un pezzo di storia autobiografica. Tre anni fa ho perso uno zio ammalato di Sla. Ad uno sguardo superficiale appariva un corpo devastato dalla malattia e attraversato dal male. Un uomo privo di dignità. Il buon senso ci suggeriva di por fine a tanto scempio. Un’acqua ‘altra’ e una Parola ‘altra’  ci impedivano di rottamare lo zio. Grazie a quest’acqua la sua dignità ci appariva ancor più evidente, quasi messa a nudo dall’ifermità. Auguro a tutti di potersi immergere in quest’acqua  e di risalirne vigorosamente la corrente.

don Fabrizio De Toni
Vicario per la pastorale – diocesi di Pordenone

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