Abbiamo voluto questo inserto un tantino ‘sostenuto’ né per il prurito di differenziarci ad ogni costo né quasi infastiditi per la sola e solita ‘cronaca’ spicciola e poco colta. Crediamo che sia importante, in sintonia con una sensibilità accentuata (talvolta ipersensibilità esagerata) alla qualità delle relazioni, ed in sintonia con i progetti diocesani di questi anni che puntano tuttissimo sulle relazioni, investire delle energie su quest’area, riflettere, cercare di capirne qualcosa. Mi sia permesso di stigmatizzare alcuni tipi di relazione disturbata, di cui spesso ci lamentiamo, che ci infastidiscono e che non vanno solo imputati alla ignoranza o cattiveria dei soliti ‘altri’.
Si può evidenziare una prima tipologia di relazione mal funzionante: la relazione scarica. È una sorta di virus relazionale che sta circolando nella rete dei rapporti odierni, e che affligge o emerge con maggior intensità negli ambienti pubblici, Chiesa compresa. I tipi che ne sono contagiati soffrono di anemia affettiva, di desideri appiattiti. Sono i classici indifferenti. Se il mondo crolla ne prendono saggiamente atto e si tirano dall’altra parte. Ed è la morte della relazione. Tutt’al più si risponde al protocollo. Ciò che conta è non innervosirsi troppo e non lasciarsi innervosire. Burocraticamente tranquilli e ‘spenti’. Una delle nostre ultime perpetue doc, una certa Tonina di Portogruaro, definiva così i portatori ammalati del virus, giocando con la parola energia: ‘Senza nevralgia’. Di attenzione, affetto, tenerezza nemmeno l’ombra.
Dal lato opposto ci sono coloro che dal punto di vista emotivo sono voraci, istintuali, insaziabili. Appaiono a prima vista entusiasti ed interessati all’altro, il quale tuttavia ben presto si accorge con delusione di essere trattato alla stregua di un oggetto. Una sorta di relazione consumistica, veloce, che brucia vittima e artefice.
Una parente stretta della relazione consumistica è la relazione ambiziosa. Può presentarsi sotto le mentite spoglie della generosità, dello spendersi a tempo pieno per il bene, del mettere a frutto i talenti ricevuti. L’ambizioso, spessissimo senza saperlo o con solo un vago sesto senso della cosa, cerca se stesso, mette come un bambino il suo io al centro e cerca disperatamente attraverso le sue performance consenso, plauso e applauso. Va mendicando una stima che non riesce a generare dentro di sé e che allora si illude di attingere fuori.
Per contrasto possiamo far spazio alla relazione virtuosa. Virtuosa in senso tomistico (San Tommaso), intesa non come relazione occasionale, ma permanente ed in formazione permanente, incessantemente desiderata e costruita, che ha a che fare con la propria identità. Virtuosa perché liberamente e saggiamente mette il tu al centro, compreso il Tu di Dio, che non divora le nostre relazioni umane, ma che conferisce loro luce e ordine. Specularmente alle altre relazioni false e drogate, la relazione virtuosa risulterà appassionante, desiderabile perché qui sta la nostra verità e riuscita; umile e discreta perché l’altro è l’oggetto dell’amore e non l’oggetto del possesso e del consumo; semplice e gioiosa perché ‘c’è più gioia nel dare che nel ricevere’ (At 20,35).
(Estate 2007 – dal Bollettino delle Parrocchie della Val Meduna)
La nostra felicità dipende in gran parte dalla qualità delle relazioni che intratteniamo con le altre persone (in famiglia, sul posto di lavoro, col vicinato, ecc.) quindi è un aspetto della nostra vita da curare con molta attenzione.
Io penso che alla base di qualsiasi relazione debba esserci l’umiltà e il rispetto. Bisogna avvicinarsi all’altro in punta di piedi, accogliendolo così com’è, con i suoi pregi e i suoi difetti, dimostrando gratitudine e apprezzamento per quello che di buono ha da offrirci e perdonando le sue lacune.
Pensando alle relazioni in famiglia mi è venuto in mente il movimento della fisarmonica. Non dobbiamo mai imporre prepotentemente la nostra presenza, ma imparare ad avvicinarci ed allontanarci a seconda del bisogno, soprattutto nei riguardi dei figli quando sono cresciuti.
Sono cose semplici da dire, ma difficili da mettere in pratica. Abbiamo però una risorsa che ci può aiutare in questa impresa: l’amore di Dio. L’amore di Dio è una luce che ci è stata donata nel momento stesso in cui siamo stati generati. Più sarà buona la relazione con Dio, nostro Padre e Creatore, più cura metteremo nel far brillare quella luce, più saranno buone e ricche di gioia le relazioni con gli altri.
Pensando a quella luce mi è venuta in mente la luna. Così come la luna riflette la luce del sole, così noi dobbiamo cercare di riflettere la luce di Dio. E se a volte non ci riusciamo, non scoraggiamoci! Anche la luna a volte è scura.
Per superare i momenti bui della nostra vita, c’è la fonte inesauribile della Divina Misericordia, scaturita dalla Croce, alla quale dissetarsi e riprendere forza per continuare il cammino…e brillare di nuovo.