Scrivo, reduce da due campi scuola diocesani con l’Azione Cattolica. Uno biblico per adulti sulla Seconda Lettera di Paolo ai Corinti. ‘Sia benedetto Dio… Padre di ogni consolazione’ (cfr 2Cor 1,3). L’altro per giovani, educatori e animatori inizianti, i futuri ‘quadri’ associativi, con tutto il loro bisogno di ascolto e di consolazione. Non previsto, tra l’uno e l’altro correva un cordone rosso: la consolazione goduta dall’apostolo e la domanda di incoraggiamento dei giovani. Ci siamo trovati di fronte forse ai primi animatori ‘nativi digitali’. Eppure ci ha impressionato la voglia di contatto fisico, di ascolto prolungato, di narrazione intima di se stessi, di relazione concreta… in una parola, di consolazione. Più volte durante le celebrazioni, pur senza spingere sul tasto emotivo, ci siamo ritrovati a piangere per un sentimento di compassione (cum-patire, patire-con). Senza mettere in conflitto, come si fa spesso nei nostri ambienti pastorali il reale con il virtuale, usualmente inneggiando al primo a scapito del secondo, l’esperienza fatta conferma a mio modo di vedere l’assoluta necessità che le due comunicazioni si cerchino e si integrino.
Inoltre si apre qui una finestra, un passaggio formidabile per proporre il Vangelo, ovvero la buona notizia che Dio si prende cura di noi. Egli in fondo è il Dio della consolazione: ‘Come una madre consola il figlio così io vi consolerò’ (Is 66,13). Egli rompe la solitudine, spauracchio terribile per l’uomo di tutti i tempi. Mi è piaciuto al campo biblico proporre una riflessione teologica su un’opera d’arte che mi è entrata nel cuore: ‘L’adorazione dei pastori (Jacopo Tintoretto – Sala Grande di San Rocco Venezia). Ritrae in una composizione a due piani la scena dello svelamento del bimbo appena nato. Nel piano superiore, dove sta la santa famiglia, irrompono due ancelle. Sono le levatrici. Una si scopre il seno per allattare Gesù. L’altra porta una scodella con un cucchiaio. Nella scodella il colostro, il latte nutriente delle puerpere. Straordinario e scandaloso. Dio viene per consolarci, ma innanzitutto vuole fare l’esperienza della povertà ed essere lui stesso consolato. Nella parte inferiore una scaletta, un rinvio simbolico alla discesa effettuata con l’incarnazione, sulla quale sta una gallina che quasi esce dalla cornice. Un tenerissimo richiamo a Lc 13,34: ‘Gerusalemme quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali’. Avete presente quando la gallina arruffa le ali in presenza di una poiana o di un pericolo imminente per proteggere i piccoli? Dio scende, riduce le distanze, si fa solidale al punto da ‘uscire dal quadro’ quasi non resista dalla voglia di abbracciarci. Una suggestiva immagine di una Chiesa in ‘uscita’; pronta alla consolazione, non quella a buon mercato; desiderosa di annunciare un Dio che avvicina alla sua guancia i figli, ad iniziare da quelli più esposti per i ritmi rapidissimi o per le mille ferite inferte dalla vita. Sembra di capire che siamo chiamati a dar forma ad una Chiesa materna, piena di misericordia, umile al punto tale da dover imparare da una gallina… come Nostro Signore!
Don Fabrizio