Lettera aperta all’Azione Cattolica diocesana

 

ADESIONI AC 2008-2014-2019

Lettera aperta all’AC diocesana di Concordia-Pordenone

Pordenone, 7 Maggio 2014

Considerazioni associative

Le seguenti considerazioni nascono da una valutazione personale, che ambirebbe ascoltarne una associativa e approfondita, dei dati relativi alle adesioni degli ultimi anni, di cui si riporta specchietto ragionato in allegato. Le stendo senza strutturarle troppo, come una lettera indirizzata agli addetti ai lavori, ai quali va tutta la mia ammirazione, riconoscenza e fiducia.

Valutazione di una lenta, non terribile, tuttavia inarrestabile emorragia di adesioni e quindi di consenso. La presa di consapevolezza è ovvia: è sufficiente non negare i numeri. Scontata e oggettiva, ed insieme accompagnata da un sentimento di malinconia. L’AC ha dato tantissimo alla nostra Chiesa locale e alla storia vocazionale di numerosissimi laici, religiosi e pastori di Concordia-Pordenone, come della mia personale. E’ avvilente osservarne un lento declino. Mi chiedo se effettivamente stanno partendo delle reazioni sufficienti e robuste per modificarne la traiettoria imboccata. Assicuro inoltre di non cercare allarmismi inutili. Mi interessa incoraggiare a proseguire una analisi già periodicamente effettuata al ‘centro’ e che forse avrebbe bisogno di essere estesa alla base associativa, quindi non essere un argomento di quasi esclusiva competenza di Presidenza e di Consiglio diocesano. Desidero immaginare per l’AC un futuro luminoso, ‘anfora’ che versa gioiosa e generosa l’acqua del Vangelo e della misericordia, ‘pozzo’ frequentato, pur guardandomi bene dalla tentazione del proselitismo e del trionfalismo. Insomma, un orizzonte di solidità e di vitalità per il bene della Chiesa e di tutti i terreni ‘assetati’.

Nello stendere queste note, tengo presente anche il recente ascolto di alcuni presbiteri e presidenti di associazioni incontrati in due distinti punti della diocesi.

  1. L’associazione sotto il profilo quantitativo rivela una sostanziale tenuta nella proiezione dei dati. Una tenuta non esente da forti preoccupazioni essendo associata ad una perdita costante di adesioni. Una emorragia eccessiva potrebbe compromettere la tenuta dell’impianto dell’Associazione. Le ragioni del ‘dimagrimento’, ho compreso dalle interpretazioni raccolte, sono dovute alla emigrazione di educatori ACR al settore ACG lasciando il settore di partenza sguarnito ed incapace di mantenersi, alla scarsa significatività o alla mancanza vera e propria di Consigli associativi parrocchiali (il tutto viene lasciato in alcuni casi alle decisioni dei baldi giovani dell’ACR), alla crisi economica che genera difficoltà ad affrontare i costi della tessera e dei campi-scuola… Questi ed altri elementi di criticità evidenziati e riconosciuti sono rintracciabili ‘ad intra’.
  2. Esistono altri fattori, che a questo punto potremo definire ‘ad extra’. Sono variabili di cui l’AC non può esserne esente, essendo inserita in un tessuto complessivo più ampio, e sofferte anche dalle AC delle diocesi vicine di grande tradizione storica. In esso vi sono fenomeni di disaffezione ad un volontariato strutturato e di qualità, la fluidità delle relazioni, la povertà del pensiero… e così via. Dirselo non è banale. Più che cercare una consolazione, della serie mal comune mezzo gaudio, diventa una provocazione, una stimolazione ad agire con responsabilità e lungimiranza. Esiste anche un ‘ad extra’ di tipo ecclesiale, ovvero la mancanza di apprezzamento di alcuni sacerdoti, il non ascolto delle ragioni e delle idealità dei laici, una programmazione pastorale che punta sull’immediato e sull’operatività… Sono altrettanti punti da tener presente.
  3. I rimedi già escogitati li trovo assolutamente coerenti ed essenziali: investimento formativo su coloro che hanno responsabilità educative, attenzione all’identità per evitare la dispersione e la confusione, creatività nelle proposte, tesi elaborate e condivise, serietà a tutti i livelli. La mia opinione è che lo sforzo, straordinario ed intenso, si è concentrato sull’associazione in sé. Ecco il punto. E’ come se fossimo fin troppo concentrati su di noi e il nostro stato di salute che… ci ammaliamo, imboccando la strada verso una probabile anemia. E’ possibile che a furia di guardarci giustamente allo specchio per… dar la caccia ai foruncoli finiamo per gonfiarci come quelle facce che a nessuno vien voglia di guardare. La sensazione che ne ricavo è che non rintraccio una sufficiente visione progettuale inserita in un panorama più ampio. Provo a dirlo con dei quesiti. Dove stiamo andando? E come ci vedono gli ‘altri’? Perché non riusciamo ad essere così appetibili per gli operatori pastorali? Esiste una forte motivazione missionaria che ci spinge ad innovare, a pensare alle pecore di fuori uscendo incontro ad esse assieme alle ‘pecore associate’, a convertire forme, metodi, strumenti (tanto per parafrasare Papa Francesco)? Come mai quando si immagina il prossimo futuro all’interno del reticolo delle parrocchie di cui è composta la diocesi, e si pone mano alla progettazione, l’AC non viene tra le prime risorse spendibili, ma ne si fa riferimento solo di striscio? Dove è finita la forza attrattiva della nostra identità? E così via… Il mio non vuole essere un puro esercizio razionale, inconcludente, disfattista e messo lì giusto per infastidire qualcuno. Non intendo nemmeno accusare e seminare sensi di colpa. Mi piacerebbe tanto che si avviasse un ripensamento globale che includesse tutti i segmenti dell’Associazione a partire da quelli periferici, che forse non avendo un quadro d’insieme non avvertono l’urgenza di una riflessione e conversione. E’ la speranza che mi muove, che parte dai numeri senza voler far arruolamenti a tutti i costi. I numeri sono lo start di una immaginazione che va oltre… altrimenti produrrebbero ansia pagana, più che credente. Sono convinto che l’Associazione possa e debba essere una benedizione straordinaria per il futuro della nostra chiesa. Strumento bellissimo e tonico di annuncio del Vangelo.
  4. Indico di seguito alcuni passi possibili. Sono evidentemente esemplificativi e non esaustivi. Quasi una breccia dentro alla quale infilarsi, una traccia, un modo per invocare altre idee, una provocazione appunto. A) Confrontandomi con i confratelli del Collegio Assistenti, trovavamo interessante l’ipotesi di convocare una assemblea generale sull’argomento del calo ‘ponderale’. Essa potrebbe essere fissata nella zona di avvio del cammino associativo o avere delle sessioni che si distribuiscono lungo il percorso annuale, per andare… anche oltre se necessario. Coscientizzare sullo status quo e sulle conseguenze oggettive sarebbe passo necessario e operazione interessante di corresponsabilizzazione. L’AC ha tutti i suoi meccanismi democratici e definiti per impostarsi, tuttavia una tantum ritengo sia bene rompere le fila e agire in termini più veloci e liberi. B) Proporre alla Diocesi e in Diocesi il progetto dei cammini differenziati di catechesi. Significa che all’interno di un progetto di catechesi parrocchiale condiviso l’ACR si pone come un itinerario differenziato, tra gli altri itinerari presenti, per raggiungere gli obiettivi che la comunità si è data. E’ una modalità catechistica già prevista dal magistero CEI. Si tratterebbe di dialogare con l’Ufficio Catechistico diocesano. Delle premesse sono state poste dialogando con don Marino e don Maurizio che sono i nostri direttori. Don Maurizio si è reso disponibile al dialogo e alla elaborazione di una proposta concreta in tal senso. Si toglierebbe l’antipatica e ingiusta etichetta di intrattenitore di bambini all’educatore ACR, lo si qualificherebbe ulteriormente, si troverebbe un aggancio maggiore con le famiglie, visto anche che la catechesi tutta si sta spostando nel coinvolgimento dei genitori. L’operazione dovrebbe riuscire curiosa ed interessante per i preti, costantemente a caccia di operatori per la catechesi. C) Concentrarsi sul target delle giovani coppie e famiglie. Sto pensando a quelle non associate, altrimenti rischiamo di ingrassare e mettere i bigodini alla solita pecorella, forse bisognosa di snellire un tantino. Una alleanza più stretta con la pastorale famigliare diocesana potrebbe essere una strada da percorrere. A tal proposito chiarisco immediatamente che occorrerebbe andar oltre la buona abitudine di appoggiare reciprocamente i progetti messi in cantiere per ideare ‘assieme’, ex novo delle iniziative che vadano nella direzione delle coppie, che si aprono alla bellezza della vita e dell’amore o che rimangono ‘ferite’ lungo la via. Coppie e famiglie da cercare, non così vicine o addirittura assai lontane. Per recuperare un linguaggio ‘magisteriale’ che sta entrando nell’immaginario collettivo, ci possiamo chiedere: ‘Vogliamo agire nel giardino conosciuto e protetto, che cresce all’ombra del campanile, o agire nel campo di battaglia stracolmo di feriti e di voci che invocano attenzione’? D) Evitando di correre dietro ai palloncini colorati per la smania di essere a tutti i costi originali, sono del parere che sia strategico ed evangelico strutturare le proposte tenendo presente i contesti esistenziali dei nostri interlocutori reali e potenziali. I 5 ambiti antropologici individuati dal Convegno di Verona sono una intuizione formidabile che potrebbe aiutarci ad ‘uscire’, ad essere estroversi e creativi, a pensarci ‘partendo’ dalle periferie, dai bisogni e povertà che emergono. Tradizione, lavoro e festa, fragilità, affettività, cittadinanza contengono delle ‘porte’ che Dio sta varcando, o meglio che può varcare se gli diamo una mano. In questo senso papa Francesco sta mutando il clima pastorale, la ‘postura’ della Chiesa. Tuttavia le strade da percorrere sono lasciate evidentemente alla concretezza delle situazioni, alla nostra libertà. Una voce profetica alzata dall’AC, una sua intraprendenza missionaria potrebbe costituire un servizio di amore per tutti, e convincere anche i più riluttanti che è furbo farsi dare una mano all’AC e dare una mano all’AC.

Don Fabrizio

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